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FOTO PRESENTI 3 |
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I falsi Botticelli
BOTTICELLI SANDRO LA PIETà
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I falsi Botticelli
BOTTICELLI SANDRO MADONNA CON BAMBINO
Museo Freech Ajaccio
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I falsi Botticelli
BOTTICELLI E BARTOLOMEO DI GIOVANNI BANCHETTO
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Un siluro, forse due, contro la "corazzata" delle mostre d’arte, quella "Botticelli-Filippino" che a Firenze, Palazzo Strozzi, ha superato i 250 mila visitatori e viaggia alla media generale di 2.607, attualmente la più alta. Uno, forse due, dipinti presentati in mostra col nome di Botticelli, sono dei falsi. E poiché la storia si ripete, i siluri contro la mostra di Firenze partono da una mostra di Siena appena cominciata a Santa Maria della Scala, dedicata proprio ai falsi, a quella "industria" che prosperò a Siena fra Ottocento e Novecento. Questa volta c’è l’aggravante che chi ha premuto il bottone è stato un fiorentino, uno dei più noti storici dell’arte italiani, Giorgio Bonsanti, già direttore dell’ Opificio delle pietre dure (fiorentino), cattedratico a Torino ed ora a Firenze. Che cosa scrive Bonsanti nel catalogo della mostra senese Falsi d’autore. Icilio Federico Joni e la cultura del falso tra Otto e Novecento? Che due ritratti, Ritratto di donna (la cosiddetta "Bella Simonetta" della Galleria Palatina di Firenze, Palazzo Pitti) e Ritratto di giovane donna di collezione privata di New York, appesi in mostra uno accanto all’altro, sono dei falsi, certamente il primo, molto probabilmente il secondo "comunque di qualità sconfortante", che Bonsanti vorrebbe volentieri sottoporre ad una serie di esami scientifici che non saranno concessi.
La maggiore attenzione di Bonsanti è concentrata sulla "Bella Simonetta" perché a lei sono stati dedicati due articoli su una rivista specializzata, scritti da restauratori dell’Opificio delle pietre dure (cioè uno dei due grandi istituti nazionali di restauro), nei quali si esprimevano i motivi contro l’ autenticità. Per ragioni di "tecnica esecutiva e procedure di realizzazione". Non solo, il parere tecnico dei restauratori era accompagnato da una serie di "Considerazioni iconografiche e sul costume" di uno storico dell’arte, Marco Ciatti, specialista di costumi e tessuti, in cui si esponeva una serie di "ineccepibili constatazioni" che corroboravano il parere tecnico negativo dei restauratori. Ciatti segnalava anche "l’assurdità del nastro giro collo che non serve a recare alcun ornamento, come ci si attenderebbe, e termina infilandosi nello scollo". Bonsanti aggiunge un "carico da 11". Nessuna dama quattrocentesca si sarebbe fatta ritrarre con una ciocca di capelli sfuggitale dall’acconciatura, e che le ricade libera e brada sulla tempia, come vediamo nel ritratto della Palatina; quasi che la ragazza avesse appena finito di sbrigare le faccende di casa, e non avesse ancora fatto a tempo a rassettarsi prima di posare. Forse le sarebbe stato comunque impossibile, perché l’autore del quadro si era dimenticato di dipingerle la mano". Bonsanti afferma di non essere riuscito personalmente a trovare nemmeno un singolo caso di una "ciocca libera" nella pittura dell’ambiente. Lo studioso si chiede anche se è proprio un caso che "la stessa incongruenza ritorni soltanto nel ritratto di New York" (come in un ritratto in collezione a Houston, che Frederiksen e Zeri avevano riferito alla bottega di Botticelli, e che "appare alle riproduzioni un falso particolarmente evidente"). Ecco allora che il dipinto in questione "presenta una serie di caratteristiche che nel loro insieme risultano esemplari nel rimandare alla falsificazione, perché appartengono ad ordini di considerazioni diverse, che convergono nel giudizio finale: sia gravi incongruenze esecutive, non immaginabili in un’epoca in cui gli artisti ci tenevano alla irreprensibilità tecnica, che altre di natura iconografica". Nel ritratto di collezione privata ci permettiamo di segnalare quello che ci sembra un altro elemento incongruente che appare dalla riproduzione in catalogo (ma che deve essere confermato dagli strati dipinti e dalla storia del costume quattrocentesco). E cioè che il "nastro giro collo" (esattamente uno spaghetto nero con un nodino, il tutto molto misero per una giovane dama) sembra sovrapposto al leggero velo che scende sul collo e non, come è naturale, sottostante il velo che deve essere libero di prendere aria e muoversi anche perché è già fissato con una fascia sui capelli. Pur rinviando ad un controllo sul dipinto al naturale, dalla riproduzione appare che non c’è alcuna differenza, alcuna attenuazione di tono, fra lo spaghetto nella zona libera del collo e lo spaghetto nella zona del velo. Della vicenda dei due dipinti Bonsanti non si scandalizza e osserva: la falsità "risulterebbe del tutto normale e direi prevedibile quando si ha a che fare con artisti, come Botticelli appunto, i cui dipinti già in tempi remoti sono stati molto amati, cercati e concupiti, e dunque pagati cari". Piuttosto trova "discutibile" che in mostra il riferimento sia in modo "secco" a Botticelli senza mettere in guardia "che si tratta quantomeno di dipinti di autenticità controversa". E la scheda del catalogo sulla "Bella Simonetta" (ma anche sull’altro ritratto) riferisce di "autorevoli giudizi favorevoli all’originalità emessi su di una base unicamente stilistica, una valutazione positiva sulle qualità del dipinto", che "sembrano non trovarvi niente di incompatibile con le caratteristiche di un’opera del Quattrocento". La vecchia abitudine di certi storici dell’arte che si affidano solo al proprio occhio e quasi rifiutano i risultati delle indagini scientifiche alle quali si affidano i restauratori integrandole con le proprie esperienze e conoscenze. Che cosa accadrà ora alla mostra "Botticelli.Filippino"? I curatori che hanno scelto senza dubbi i due dipinti e gli autori delle schede rimarranno della loro opinione. La gente non andrà più a visitare la mostra sentendosi tradita? No, i visitatori aumenteranno attirati dalla curiosità, dalle polemiche. Dopo la rapina del Van Gogh e del Cézanne, anni fa a Roma, la Galleria nazionale di arte moderna ebbe un aumento dei visitatori che volevano vedere gli spazi lasciati vuoti dai dipinti. Magari chi ha già visto la mostra tornerà per dare un’occhiatina, per poter dire che "Sì, i due ritratti hanno qualcosa di strano rispetto agli altri Botticelli sicuri", che loro avevano avuto delle "strane sensazioni". Le altre mostre-"incrociatori" continuano a solcare medie altissime (per l’Italia). Rubens a Genova, Palazzo Ducale, è oltre 1.900 (1.924) con un totale che sfiora i 150 mila (148.098). E c’è ancora un mese (11 luglio). "Gli Este a Ferrara" (triplice evento con apertura castello e due mostre) a circa tre settimane dalla chiusura si mantiene oltre 1.700 (1.710) con un totale di 157.295 visitatori. Perugino, la mostra principale a Perugia sul divin pittore, è sopra 1.000 (1.020) con un totale di 109.193. Considerando tutte le sei mostre dedicate o ispirate dal Perugino la media supera 1.400 (1.410) e il totale i 150 mila (150.833). Secondo gli organizzatori bisognerebbe aggiungere 20-25 mila visitatori considerando l’ipotesi minima degli abbonamenti a tre mostre, ma non sono disponibili dati precisi. Alla chiusura della saga sul Perugino manca poco più di un mese (18 luglio). Ancora, gli Aztechi a Roma, Fondazione Memmo, Palazzo Ruspoli, hanno preso una bella media stabile sopra 900 (930) e un totale di 81.854. A Milano, Palazzo Reale, Van Dyck è a quota 905 con un totale di 91.371 (con la proroga al 4 luglio c’è tempo tre settimane circa).
(Goffredo Silvestri)
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