27/11/2008 Nicolas Schöffer
Nato il 6 settembre 1912 in Kalocsa (Ungheria), ha vissuto a Parigi dal 1936, divenne francese nel 1948 e morì nel suo atelier di Montmartre, Villa des Arts,...»
25/05/2004 Nato a Quargnento (Alessandria) nel 1881, a soli dodici anni Carlo Carrà abbandona la casa paterna per iniziare a lavorare come decoratore, prima a Valenza Po e in seguito a Milano (1895), dove frequenta i...»
MICHELI GUGLIELMO BAMBINE SULLA SPIAGGIA Bambine sulla spiaggia (1890)
olio su tavola, cm 20,5x33,5
Firmato in basso a destra: G. Micheli
Museo G. Fattori, Comune di Livorno
Pubblicata da Somarè nel 1940 come appartenente alla raccolta Micheli, tale marina deve ascriversi a quella produzione di tono idilliaco, comprendente anche un'opera del Museo Civico di Livorno, Ragazza seduta (Castelli 1957, p. 348), dove emerge, a fianco della lezione di Fattori, la nota emotiva originale delle marine di Micheli, ovvero quella "luce crepuscolare" (ibidem) che giunge a rinnovare il repertorio iconografico del maestro, secondo la tendenza individuata da Somarè, che nel 1939 appare intento ad una rilettura dell'artista in un suggestivo controluce con la tradizione macchiaiola: "La pittura di Micheli è una conseguenza della pittura macchiaiola e fattoriana, che si è concretata in termini originali. Essa procede da un insegnamento efficace e si sviluppa in una direzione liberamente personale: il suo vero è il vero visto dagli occhi, amato dall'animo, sofferto tecnicamente da questo acuto pittore" (Somarè 1939, p. 368). L'inflessione "crepuscolare" di Micheli rispetto al modello macchiaiolo si coglie appieno in questa marina, dove il tratto sintetico e la stesura sommaria di derivazione fattoriana si combinano con una delicata sensibilità cromatica che, pur nell'orchestrazione di pochissimi toni, riesce ad evocare un episodio di grazia infantile. Con quest'opera Micheli dimostra di aver già esaurito parte di quel percorso che dall'osservanza della macchia doveva condurlo alle soglie delle nuove sperimentazioni luminose, e di essere approdato ad una maniera personale: "la pittura dal tocco leggero, per intenderci, dalla struttura semplicissima, dalle preziose sfumature ed il colore consunto, tra cui qua e là la nuda tavola affiora con sapiente malizia" (Castelli 1957, p. 350).
La Scuola di Micheli : da Modigliani a Lloyd
MICHELI GUGLIELMO PORTO DI LIVORNO
La Scuola di Micheli : da Modigliani a Lloyd
MICHELI GUGLIELMO CARRO ROSSO
La Scuola di Micheli : da Modigliani a Lloyd
LLOYD LLEWELYN STUDIO DEL PITTORE MICHELI Dipinto nel 1899, olio su tela, 90x130 firmato e datato in alto a sinistra "lLEWEYN lLOYD 1899" coll.privata
Omaggio al maestro Micheli, che attraverso uno scritto di Carlo Lodovico Ragghianti lo stesso Lloyd testimonia i precettti che "l 'immagine doveva essere costruita e composta col mettere ad angoli e squadrature tutto l'insieme, e cioè i volumi , o pieni , e gli spazi , o vuoti da quelli esterni a quelli interni risultandone un blocco di intelaiature di parti campite e e saldate nelle cui forme s'inserivano toni e rapporti.; l'articolazione e lo sviluppo coerente e correlato della compagine, inutilizzava l'uso dell'impianto prospettico esterno e predisposto"
La Scuola di Micheli : da Modigliani a Lloyd
LLOYD LLEWELYN TRAMONTO A MANAROLA Dipinto del 1904 olio su tela 90x86 firmato e datato in basso a sinistra. coll. privata
La Scuola di Micheli : da Modigliani a Lloyd
LLOYD LLEWELYN STRADA NEI PRESSI DI LIVORNO
La Scuola di Micheli : da Modigliani a Lloyd
LLOYD LLEWELYN CHIESINA DELBAGNO ALL'ELBA CHIESINA DEL BAGNO ALL'ISOLA D'ELBA1913 olio su tela 51x65
La Scuola di Micheli : da Modigliani a Lloyd
BARTOLENA PAESAGGIO CON CARRI (PARTICOLARE) Bartolena 1920-25
Il percorso espositivo, articolato in più sezioni, si avvia con i protagonisti della Scuola, a partire dalla complessa e straordinariamente colta personalità di Llewelyn Lloyd, per proseguire poi con pittori come Guglielmo Micheli, Manlio Martinelli, Giulio Cesare Vinzio, Gino Romiti, che, dapprima nell’ambito del Divisionismo e poi in quello del Novecento, si faranno garanti di una progressiva semplificazione delle forme nella grammatica postmacchiaiola in ambito toscano. In tale contesto si pone il riferimento a Modigliani formatosi proprio alla Scuola di Micheli. Questa sezione viene dunque a coincidere con quella fase di evoluzione della "macchia" che ha inizio dal 1895 nell’ambito della Scuola di Micheli, con un particolare sentimento di riverenza nei riguardi della lezione disegnativa e tonale del maestro Giovanni Fattori, ma già presaga di quei rivolgimenti luminosi che sullo scorcio del secolo inaugureranno la stagione divisionista a Livorno.
La mostra prosegue quindi con un’indagine monografica sulla personalità di Llewelyn Lloyd, qui ricondotto alla sua statura più internazionale. Lloyd è senz’altro, dopo Amedeo Modigliani, l’artista più moderno formatosi nell’ambito della Scuola di Micheli, protagonista prima e poi memorialista del Novecento labronico e più generalmente Toscano. Subito dopo la fase più prettamente derivante dall’acquisizione del verbo fattoriano, Lloyd si avvia già a partire dalla fine del primo decennio del Novecento verso un partito sintetista, dove la pennellata scomposta dalla luce raggiunge quasi esiti fauves. Dal nudo al ritratto in interno, dal paesaggio alla marina, dalla natura morta alla composizione, Lloyd applicherà con metodo assolutamente programmatico le sue riflessioni in merito alla sintesi luminosa, partendo da Fattori per ritrovare, ovviamente a ritroso, il partito geometrico dei Primitivi Toscani.
La terza e conclusiva sezione è dedicata agli artisti toscani più vicini a Lloyd all’epoca della Scuola di Micheli e successivamente da lui descritti nelle memorie Tempi andati (Vallecchi 1951). Comprende un nucleo di opere, omogeneo non solo per tratto disegnativo o sfarzo cromatico, prerogative congiunte alla diffusione della cultura orientale nella Toscana del Novecento, ma soprattutto per ispirazione, laddove artisti quali Oscar Ghiglia, Mario Puccini e Giovanni Bartolena, oltre naturalmente allo stesso Lloyd, si volgono ad una formula cromatica che evoca l’arabesco fauve, offrendo ciascuno una versione suggestiva della diffusione delle Avanguardie europee nella Toscana della prima metà del Novecento.
La mostra si terrà dal 3 luglio al 29 agosto 2004 presso la Villa La Versiliana nel quadro dell’omonimo Festival giunto alla sua 25^edizione
. LA SCUOLA DI GUGLIELMO MICHELI (1a parte)
di Alberindo Grimani
Guglielmo Micheli (Livorno, 1866-1926), dopo aver frequentato l'Accademia di Belle Arti a Firenze, si iscrisse alla Scuola del nudo diretta da Giovanni Fattori di cui divenne l'allievo prediletto. Aprì e diresse a Livorno, al piano terra di Villa Baiocchi, una Scuola di disegno frequentata da molti giovani del luogo: nel periodo in cui Modigliani frequentò la Scuola, erano suoi compagni di studio Lando Bartoli, Benvenuto Benvenuti, Oscar Ghiglia, Llewelyn Lloyd, Manlio Martinelli, Renato Natali e Aristide Sommati. L'attività della Scuola era "supervisionata" (come si potrebbe oggi dire) da Fattori che, ogni tanto, ritornando nella natia Livorno, valutava le opere degli allievi e dava consigli e suggerimenti sulle varie tecniche di disegno e pittura. Di solito, Fattori era ospitato nella casa di Micheli al quale si devono anche il più bel ritratto e alcuni schizzi di studio del Maestro (foto n. 1). Non molto considerato nel suo giusto valore dalla critica e nei testi di storia dell'arte, Micheli lo era in maniera adeguata da Fattori, che lo teneva in grandissima considerazione e lodava sempre, nell'ambiente artistico e non, con la solita frase: "Io ho insegnato a Memo a far cavalli e lui a me a far marine" (foto n. 2-3). Tanto bene Fattori aveva insegnato a Micheli "a far cavalli" che, da circa mezzo secolo e oltre, disegni e schizzi di "cavalli e cavalleggeri" eseguiti da Micheli sono stati venduti come "schizzi e studi" di Fattori. Controversa è la questione se Modigliani si sia iscritto alla Scuola del Micheli prima del 1898 o dopo della sua grave malattia. La madre di Modigliani annota nel suo diario il 17 luglio 1898: "Dedo non è stato brillante agli esami...Comincia il 1° agosto delle lezioni di disegno, di cui aveva una gran voglia da un pezzo. Lui si vede già pittore; a me non piace troppo incoraggiarlo per timore che trascuri i suoi studi per correre dietro un'ombra. Intanto ho voluto contentarlo per farlo uscire un po' da questo stato di languore e di tristezza in cui più o meno scivoliamo tutti in questo momento". Jeanne Modigliani non concorda con la nonna: secondo Margherita, Amedeo e Uberto Mondolfi avrebbero decorato insieme uno scaffale dipingendovi due teste e un teschio. Al contrario, Uberto indica come data non il 1898, ma il 1896. Data più probabile poiché, nel 1898, Mondolfi si era ormai consacrato a un'attività politica e pedagogica poco compatibile con quei passatempi… Durante l'estate del 1895, "Dedo ebbe una grave pleurite", scrive la madre, "e non mi sono ancora rimessa dalla paura tremenda che mi ha fatto. Il carattere di questo bambino non è ancora abbastanza formato perché io possa dire qui la mia opinione. Le sue maniere sono quelle di un bambino viziato che non manca di intelligenza. Vedremo più tardi cosa c'è in questa crisalide. Forse un artista?". Quest'ultima frase, stranamente profetica finché credevamo che non avesse mai dipinto né disegnato prima del 1898, ci appare ora come la modesta constatazione che quel bambino, assai diverso dagli altri, sembrava portato verso le arti figurative...(
Ginamaria Micheli, figlia del Maestro, sosteneva che Amedeo avesse già cominciato a studiare con il padre prima del famoso tifo del 1898: "Modigliani aveva avuto il tifo, entrò in salotto e la mamma Micheli, la moglie del maestro, gli andò incontro accarezzandogli la testa rasata dicendo: che bella testina t'è venuta, Amedeo". Jeanne Modigliani non è tenera con la nonna che, secondo lei, avrebbe "...scritto una storia della famiglia in uno stile vivace e assai spigliato e concepita più come un'analisi di caratteri e una descrizione sociale che come una cronaca precisa gli avvenimenti". La conferma viene da un altro brano del citato diario, dove Eugenia Modigliani annotava in data 10 aprile 1899: "Dedo ha rinunciato agli studi e non fa più che della pittura, ma ne fa tutto il giorno e tutti i giorni con un ardore sostenuto che mi stupisce e mi incanta. Se non è quello il mezzo di riuscire è che non c'è niente da fare. Il suo professore è molto contento di lui, io non me ne intendo ma mi sembra che per aver studiato solo tre o quattro mesi non dipinge troppo male e disegna benissimo" (foto n. 5-6). Torniamo solo per un breve istante a Guglielmo Micheli. Il Maestro disegnava e dipingeva con la sinistra, perché da bambino la parte destra del suo corpo era stata colpita da paralisi infantile; sicché camminava claudicante e la mano destra faceva fatica anche a sostenere un leggero foglio. Aveva imparato a fare tutto con la mano sinistra, a scrivere come a dipingere: era mancino! Questo fatto è molto importante perché ci aiuterà a comprendere la maniera di disegnare e dipingere di ModiglianiL'importanza di determinare la reale influenza esercitata da Guglielmo Micheli non va sottovalutata: è la chiave per capire e comprendere lo "stile" di Modigliani. Scrive Jeanne Modigliani: "Amedeo era, insomma, un allievo rispettoso, disposto ad assumere il personaggio del macchiaiolo e a perlustrare la campagna toscana e i quartieri popolari secondo le migliori tradizioni". Del resto, i suoi compagni di studio di allora concordano tutti nel ricordo di quei tempi, quando con Modigliani andavano a dipingere all'Ardenza o a Salviano o erano incantati dai violetti della "Venezia livornese". Poi, sempre più spesso, quasi tutte le domeniche, si riunivano nello studio di Gino Romiti, che aveva studiato a Firenze con Fattori, per fare altre esperienze pittoriche, sempre tenendo presente la lezione macchiaiola Ci sono state tante incongruenze nel ricostruire il periodo artistico italiano di Modigliani che lasciano stupefatti ancora oggi. La stessa Jeanne Modigliani ammetteva candidamente: "Gli studiosi che dell'opera di Modigliani hanno reso conto nel modo più competente, come Lionello Venturi o Enzo Carli, sia per presupposto teorico - le opere raccontano la loro propria storia meglio e indipendentemente da ogni riferimento alla vita dell'autore - sia per scoraggiamento di fronte all'accozzaglia confusa di episodi irrilevanti, hanno deliberatamente trascurato le ricerche biografiche". A nostro avviso, trascurare le ricerche biografiche, anche quelle che possono sembrare poco interessanti, significa sminuire il lavoro che si compie, lasciando spesso più spazio a interpretazioni soggettive che ai fatti reali; nell'ottica del lavoro artistico, la ricerca biografica diventa estremamente utile perché aiuta a comprendere, attribuire e perfino a datare quelle opere che trovano erronea o difficile collocazione nel percorso artistico dell'autore. Facciamo qualche esempio ed esaminiamo insieme due disegni di Amedeo Modigliani datati dalla critica, senza approfondire l'aspetto biografico dell'Artista, entrambi "circa 1899". 1. Autoritratto, carboncino a) il ragazzo effigiato, fatto vedere a persone diverse, può avere si e no circa 11/12 anni. Pertanto, se disegnato nel 1899 dovrebbe raffigurare un giovanetto di 15 anni, essendo Modigliani nato nel 1884; b) il ragazzo effigiato ha una cicatrice sopra il sopracciglio sinistro: se fosse Modigliani, la cicatrice dovrebbe essere su tutte le fotografie del pittore; c) tale presunto Autoritratto, confrontato con la fotografia notissima di Modigliani con Fattori datata 1898 porta alla conclusione che il giovanetto raffigurato dietro il Maestro non sia Dedo, perché ha almeno 15 anni. Se il ragazzo con Fattori fosse Modigliani, e la foto è del 1898, si dovrebbe spiegare come nel 1899 Modigliani possa disegnare un autoritratto a carboncino, raffigurandosi come un ragazzo di 11 anni. d) il presunto Autoritratto del 1899 può anche essere messo a confronto con la fotografia del 1900 scattata nello studio di Romiti . Il giovane che è Modigliani ha in quella data 16 anni, cioè 4/5 anni in più di quello dell'autoritratto. Come è possibile tutto ciò? L'unica spiegazione possibile è che nell'Autoritratto del 1899 non debba vedersi effigiato Modigliani, bensì un altro personaggio; ed anche la datazione debba essere spostata in un periodo successivo, il 1905, come si dirà più avanti. 2. Ritratto del figlio del pittore Micheli, carboncino . a) è un disegno a carboncino come il precedente e viene datato anch'esso "circa 1899"; b) il giovanetto effigiato, fatto vedere a più persone, dovrebbe avere circa 15/16 anni. Aspettiamo ancora una risposta alla domanda: "Come si può datare 1899 il Ritratto del figlio di Micheli, Alberto, che a quell'epoca aveva 9 anni essendo nato nel 1890? E' possibile che non si riconosca la differenza di età che corre tra un ragazzo di 9 anni ed un giovanetto di 15/16 anni? La spiegazione è quella che abbiamo già data e cioè che il presunto Autoritratto ed il Ritratto del figlio del pittore Micheli siano da riferire al 1905 e non al 1899!