Santa Croce (Firenze) è la basilica delle «urne dei forti», conserva le sepolture degli «Italiani illustri», dalla tomba di Michelangelo al cenotafio di Dante. Nel periodo del Romanticismo è stata stato uno dei simboli dell'Italia da unire. E' decorata da meravigliosi affreschi. Uno dei più importanti è il ciclo che Agnolo Gaddi realizzò sul finire del Trecento nella Cappella Maggiore.
Dettaglio del trionfo della croce di Agnolo Gaddi
Mille metri quadrati che raffigurano «La Leggenda della Vera Croce». Non sono in buone condizioni e saranno salvati non dallo Stato italiano ma dai giapponesi grazie a un accordo tra l'Opera di Santa Croce, I Opificio delle Pietre e l'università di Kanazawa. '
Racconta Cristjna Acidini, che guida l'Opificio, uno dei centri più imprtanti per il restauro : «Tutto è nato per la passione del professor Miyashita. E' docente dell'università di Kanazawa, studioso dell'arte fiorentina. Ha grande stima della nostra istituzione. Ha soggiornato a lungo a Firenze. Una volta rientrato in Giappone ha incontrato un mecenate, Tetsuya Kuroda, disponibile a finanziare un programma di conservazione e di studio di affreschi italiani. Due le condizioni: doveva trattarsi di un'opera anteriore al XVI secolo e il restauro doveva essere affidato all'Opificio. Quando ho incontrato il professor Miyashita per la prima volta ho pensato a uno scherzo. Parlava di una sponsorizzazione superiore al milione di euro».
Ma non era uno scherzo. Per superare complesse questioni legali ci sono voluti due anni ma alla fine è stato raggiunto l'accordo: l'università di Kanazawa, per conto del mecenate Kuroda, assicura il finanziamento di 150.000.000 yen, pari a circa 1.130.000.00 euro, due miliardi e mezzo di vecchie lire.
E' un progetto complesso che sarà completato finanziariamente e operativamente dall' Opera di Santa Croce e dall'Opificio delle Pietre Dure perché rientra all'interno di un più ampio programma di tutela dell'intero patrimonio di Santa Croce. Spiega Cristina Acidini che gli affreschi non vengono restaurati e controllati da quasi sessant'anni, dal 1946. Ora per la prima volta saranno davvero sottoposti ad una campagna studi e di attenti controlli: «Ci sono danni che già si vedono ad occhio nudo. Sicuramente ci sono problemi causati dall'umidità. Sulla volta sono evidenti molte zone scure, causate dalle infiltrazioni d'acqua, e delle macchie biancastre, sintomo di efflorescenze saline o alterazioni di fissativi usati nel passato. Le pareti presentano, oltre alle macchie, delle lunghe crepe con caduta della pellicola pittorica».
Sono problemi dovuti all'alluvione del 1966?
L'Arno non ragiunse gli affreschi del Gaddi
arrivò fino al basamento della Cappella. Le infiltrazioni probabilmente sono causate dal tetto».
Quanto tempo ci vorrà per portare a compimento questo restauro?
«La durata dell'intero progetto di restauro è prevista in cinque anni. Durante questo periodo S cantiere sarà visitabile dal pubblico grazie ad uno speciale ed innovativo ponteggio di trenta metri, alto quanto la cappella. Il ponteggio, non ancorato alla parete, sarà realizzato in carpenteria metallica leggera e permetterà ai restauratori di lavorare agilmente e ai visitatori un'ottima visibilità degli affreschi. Nel mese di settembre partiranno le prime indagini diagnostiche, eseguibili senza ponteggio: la fotogrammetria con la relativa restituzione grafica di tutte le scene dipinte; la documentazione fotografica delle zone che presentano fenomeni di degrado; alcune riprese termovisive delle pareti per individuare la tessitura muraria ed eventuali preesistenze di porte o finestre, successivamente tamponate. All'inizio del 2005 costruiremo il ponteggio». Negli ultimi anni i restauri i sono stati pesantemente criticati.
Considera questa sponsorizzazione una forma di riconoscimento della nostra
scuola?
«C'è solo James Beck a muovere contestazioni e le persone che condividono le sue impostazioni. In realtà il restauro italiano ottiene molti più consensi che diffidenze. Quella giapponese è stata una commovente attestazione di fiducia per la volontà di sostenere il nostro patrimonio artistico e di fare una donazione».
La Basilica di Santa Croce è stata definita «un manuale di storia dell'arte italiana». Come si inserisce in questo contesto il ciclo di affreschi Agnolo Gaddi?
«Agnolo Gaddi potremmo definirlo il nipote di Giotto. Era figlio di Taddeo Gaddi, uno dei principali allievi di Giotto. L'importanza di Agnolo nella storia dell'arte è confermata dal fatto che la sua tecnica di lavorare "a fresco" era talmente rinomata da essere codificata in uno dei più noti manuali antichi di tecniche artistiche: il Libro dell'Arte di Cennino Cennini, vera "bibbia" per tutti i freschisti del Rinascimento fino al Vasari. Conseguentemente andiamo a studiare un testo di affresco che ha le maggiori possibilità di essere perfetto da un punto di vista tecnico. Siamo alle radici dell'arte toscana. Ma non dimentichiamo che questo ciclo ha ispirato Piero dellaFrancesca. La fonte è la stessa "La Leggenda della Vera Croce" contenuta nella Leggenda Aurea del domenicano Jacopo da Varagine. Agnolo Gaddi scelse un numero di episodi maggiore rispetto a Piero. E ovviamente ci sono molte varianti. Negli affreschi di Agnolo il sogno è di Eraclio e non di Costantino.Sarà un confronto di grande interesse.