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FOTO PRESENTI 5 |
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Conconi Luigi
CONCONI LUIGI VARIAZIONI SULLA MEZZANOTTE,
(Milano 1852 - 1917)
1909
Olio su tela, 65x85 cm
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Conconi Luigi
CONCONI LUIGI RITRATTO DI PRIMO LEVI
(1880)
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Conconi Luigi
CONCONI L UIGI RITRATTO DI ADA VALDATA
(Milano 1852-1917),
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Conconi Luigi
CONCONI LUIGI RAGAZZA SEDUTA IN RIVA AL MARE
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Conconi Luigi
CONCONI LUIGI RAGAZZA CHE LEGGE
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La casa-museo G.B. Angioletti descrive così lo studio di Conconi in via S. Paolo 10 a Milano: "L'estremo romanticismo ottocentesco riposa là dentro nelle più strambe reliquie, ostinatamente ricoperte dalla polvere rossiccia delle demolizioni che si vanno facendo tutto intorno a quella nobile casa. Appena entrato nel margine di quegli stanzoni, mi ha accolto il senso di un'epoca che non tornerà mai più, poiché ben tramontata. Il dubbio che il nostro secolo sia non soltanto diverso ma opposto per indole e per espressioni d'arte al secolo scorso, diviene là dentro certezza. Una genialità forse malata, ma piena di suggestioni s'è perduta, nebbie e sogni che furono come il nutrimento spirituale dei nostri padri, non torneranno mai più. In queste stanze il Conconi aveva raccolto tutto quanto l'estroso e bizzarro gusto del tempo poteva colpire la sua immaginazione, che al tempo s'adeguava senza posa. C'era, negli scapigliati, un piacere un po' ironico un po' convinto del macabro, dell'orrido, del grottesco malinconico, piacere che stranamente si accompagnava alla bonarietà del carattere ed a certi impeti d'allegria che parevano come il sale delle fedeli e numerose amicizie. Chi avrebbe oggi il coraggio di adornare il soffitto del proprio studio con cani, gatti, lucertole, salamandre e pipistrelli insecchiti, appesi ad un cerchio come le famose figurine femminili della Danza delle Ore? Chi terrebbe sul pavimento un piccolo pescecane imbalsamato? Eppure, era in quei tempi diffusa l'arguzia del Conconi, che diceva essere indispensabile un pescecane o almeno un coccodrillo in ogni rispettabile famiglia. Il senso della morte e della distruzione è ovunque. Stinchi posati su una cassapanca tarlata, pianticelle fossilizzate, un orologio le cui lancette girano imperniate nei denti di un teschio dipinto, un pezzo di trave scavato a sottilissime lamine e guglie da un esercito di tarli (per avere questo esemplare della materia che si consuma e perisce, il Conconi diede in cambio una delle sue tele migliori, e battezzò il cimelio: Duomo delle formiche). Idoli asiatici ed africani spargono il terrore, con i loro occhi feroci, nelle notti in cui entra la luna dai finestroni. Da tende e paramenti orientali par che balzino mostri d'argento, figure spettrali escono da vecchie carte o da stampe ingiallite. Nei ritratti appesi alle pareti, uomini di cinquant'anni fa mostrano il loro sorriso beffardo tra la barbetta faunesca arricciata, e negli occhi hanno fosche ombre di predestinati al suicidio. Vipere e serpi si sfasciano nei loro aggrovigliamenti perversi, un gufo spennacchiato tenta ancora il suo volo sinistro. La magia è largamente rappresentata nella casa del pittore che aveva un po' il volto d'un mago delle antiche favole. Talismani, zodiaci, simboli della cabala. Par di vedere ancora, tra le pergamene e i compassi, il vecchio "Bigio" Conconi pronunciare la formula propiziatoria: Enchete, pènchete Puff tiné Abeli, fàbeli, dominé... Parole magiche? Macché, il mago era un buon mago, e quella era un tiritera per i bamberottoli che gli stavano intorno e gli tiravano la gran barba grigia. Magia, sì, ma prima di tutto, per i cari scapigliati veniva l'allegro amore della famiglia. In una stanza c'è un tempietto buddistico. Per tre anni il Conconi, che l'aveva scovato da non so quale antiquario o reduce dalla Cina, gli aveva fatto la corte, fin che un giorno aveva potuto comperarselo e portarselo a casa, nero e grande come una cassaforte. Ancora oggi la curiosità più riverita della casa. S'aprono gli sportelli di lacca, ed appare, assiso in una cameretta dorata, il Budda. In uno dei cassettini di questo tempietto portatile, c'è una mano di mummia egizia, conservata gelosamente, ché tanto fu cara al buon pittore. Ma gli oggetti strani sono sparsi un po' dappertutto. Copricapi birmani, marmi romanici, bronzi irriconoscibili, statuine orientali; una bellissima danzatrice greca, leggera e volante nella grazia della lunga veste, è l'unico ricordo classico in questo museo romantico dello spavento, dell'orrore e del bizzarro. I quadri del Conconi, qui riuniti ancora in gran copia, sembrano rose in una necropoli. E' incredibile come questi uomini dell'ultimo Ottocento, votati alla tristezza, diventassero poi lieti e sereni quando seguivano l'estro nativo della loro arte. Figure di donne e di bimbe hanno in queste tele, in questi acquerelli, una grazia, una freschezza incomparabili. Da tutto il mondo accidioso di scolopendre e scorpioni, di lémuri e scheletri, fra tutti i mostri delle fantasie orientali, ecco che sorgono come per incanto queste figure primaverili, leggiadre, in cui la malinconia è appena un'ombra delle tinte diluite ad arte, e in cui sono sì frequenti i sorrisi sulle labbra giovanili e negli occhi bruni o celesti. E allora? Allora viene fatto di riflettere che tutto quel lugubre armamentario non fosse altro che una moda, quei segni di morte e distruzione un omaggio all'aura poetica di quegli anni, ch'era desolata e piangente; ma che, per una troppo naturale reazione, l'animo restasse puro ed ingenuo, tutto guidato da una fantasia solerte e cordiale. Ed anche quelle scene macabre, a ben riflettere, ci sembran frutto di una invincibile ingenuità."
Claudio Benzoni
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