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FOTO PRESENTI 4 |
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Da Giotto a Malevic
DUCCIO DA BONINSEGNA MADONNA CON IL BAMBINO E SEI ANGELI
Duccio di Boninsegna, 1300-1305
Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria
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Da Giotto a Malevic
NOVGOROD PRIMO INTERCESSIONE
metà secolo XV
Mosca, Galleria Statale Tret’jakov
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Da Giotto a Malevic
DIONISIJ CROCEFISSIONE
Mosca 1500
Mosca, Galleria Statale Tret’jakov
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Da Giotto a Malevic
ANGELO CON I CAPELLI D’ORO (ARCANGELO GABRIELE),
Novgorod 1200
San Pietroburgo, Museo Statale Russo
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Scuderie del Quirinale, dal 2 ottobre al 9 gennaio 2005, una antologia di circa 165 opere di alta e altissima qualità (catalogo Electa), sotto il titolo Italia-Russia attraverso i secoli. Da Giotto a Malevič. La reciproca meraviglia. E dopo Roma la mostra sarà a Mosca, al Museo Puskin (dal 7 febbraio al 20 maggio), con la sostituzione di 13 opere. Sono presentati quasi otto secoli di arte, da Bisanzio alla fine della Prima Guerra Mondiale. La proposta iniziale dei componenti italiani del comitato scientifico (Cristina Acidini Luchinat, Mario Lolli Ghetti, Giovanna Nepi Sciré, Sandra Pinto), era di una mostra sul Novecento nei due Paesi, più concentrata e coerente, ma i componenti russi del comitato volevano assolutamente “anche i capolavori del Rinascimento” ed è stato giocoforza inventarsi questo lungo cammino italo-russo. Si tratta di una mostra voluta fortemente dal ministero italiano per gli Affari Esteri, inserita in un programma di “Forum di dialogo Italia-Russia” che comprende musica, letteratura, teatro, danza e finanziato con una apposita legge con 3,8 milioni di euro in tre anni. Costo italiano della mostra 2,5 milioni di euro (fra cui l’assicurazione delle opere per 750 milioni). I visitatori attesi sono 160 mila (una previsione restrittiva vista la qualità presentata).
Per Italia e Russia (due civiltà artistiche dai percorsi così diversi, ora distanti, ora vicinissime) si è scelto la strada della semplificazione geopolitica. L’Italia dei Comuni, delle corti degli Stati pre-unitari che commerciavano, finanziavano, spesso si imponevano in arte e cultura alle potenze europee, poi la nazione parzialmente unitaria dal 1861 e completamente dal 1870 (in attesa di vedere come finirà il montaggio e smontaggio dell’Italia con la “devolution”). La Russia solo all’inizio del XVIII secolo, con Pietro il Grande imperatore, fece il passo dal mondo asiatico a quello dei grandi Stati europei iniziando veri contatti politici e culturali con l’Europa (e per l’arte in particolare con l’Italia da cui, già alla fine del Quattrocento, erano arrivati i ri-costruttori del Cremlino). Fu un passo imposto dall’alto ad un Paese che viene sempre considerato metà europeo e metà asiatico. Alla ricerca di una base comune delle storie dell’arte di Russia e Italia è stato obbligatorio scavare fino a Bisanzio, allo “stile bizantino”. Qui l’eredità artistica dell’impero romano “fu accolta, trasformata, codificata in un linguaggio unitario dotato di una propria identità” ben oltre i confini dell’impero bizantino. Da quell’origine comune i percorsi delle due nazioni si separano con un andamento che il comitato scientifico della mostra definisce “a forbice”. In Russia si affermò il valore della continuità iconografica e stilistica, al servizio del messaggio religioso rivolto ai fedeli, la lunga stagione delle icone. In Italia il retaggio di Bisanzio sopravvisse a lungo nelle regioni Nord-orientali governate da Ravenna (per certi aspetti anche a Venezia), e accolse “fermenti di innovazione che avrebbero innescato trasformazioni definitive”. La Toscana di Coppo di Marcovaldo, Cimabue, Duccio è il “laboratorio che contamina il raffinato distillato bizantino” con “ il lievitante naturalismo che in Giotto – avendo per catalizzatore la scultura di Arnolfo e dei Pisano – si associa a una nuova attenzione per l’Antico”. La lunga separazione fra i percorsi artistici di Italia e Russia cessò bruscamente quando Pietro il Grande (“con una conversione culturale che trova pochi o punti paragoni nella storia delle grandi civiltà”) alla fine del Seicento fece adeguare l’arte russa ai modelli europei. In particolare quella “forbice” con l’Italia si richiudeva. Non solo la costruzione di Pietroburgo (la sua “finestra sull’Europa”) affidata ad architetti e artisti italiani, ma l’adozione di modelli italiani di collezioni, grandi apparati decorativi barocchi, sviluppo delle arti e delle manifatture di corte, fino al culmine del neoclassicismo firmato Antonio Canova. Per il periodo che va dal romanticismo alle avanguardie, al comitato scientifico della mostra “è sembrato più utile restituire valori di affinità nell’autonomia” con un confronto fra temi, generi od orientamenti stilistici compatibili, “rivela le straordinarie analogie con cui Italia e Russia parteciparono, nella specificità delle tradizioni nazionali, di un orizzonte culturale europeo”.
La mostra si conclude alla fine della Prima Guerra Mondiale, quando “la consuetudine al dialogo e al confronto internazionale” dei Salon, dell’accademia, e di tutte le sue contrapposizioni (indipendenti, secessionisti, avanguardie) verrà rifiutata da Russia e Italia (come ragione d’essere dei totalitarismi che stanno per imporsi). Ė la stagione del comunismo e del fascismo. Ma la mostra si chiude con una scelta di speranza. Due dipinti, il Pino sul mare di Carlo Carrà, elementare, all’apparenza vuoto, ma “segno di una realtà mitica e trascendente” e L’anno 1918 a Pietrogrado di Petrov-Vodkin. Quest’ultimo è più conosciuto come la Madonna di Pietrogrado. In primo piano una donna col fazzolettone, dalla camicia verde, che allatta un bambino. Alle spalle i segni della città dopo la rivoluzione: la gente in fila per andare a ritirare una tessera, dei viveri. Il palazzone azzurro dai vetri sfondati. Ma i nostri sguardi sono per la vita che si apre.
Notizie utili - Italia-Russia attraverso i secoli. “Da Giotto a Malevič. La reciproca meraviglia”. Dal 2 ottobre al 9 gennaio 2005. Roma. Scuderie del Quirinale. Poi a Mosca, Museo Puskin, dal 7 febbraio al 20 maggio. Promosso dai ministeri per gli Affari Esteri, i Beni e le attività culturali, il Comune di Roma, i corrispondenti ministeri della Federazione russa, le “Scuderie del Quirinale”, il “Centro Rosizo”, il Museo Puskin. Comitato scientifico formato da Cristina Acidini Luchinat (Opificio delle pietre dure), Irina Antonova (Museo Puskin), Lidija Iovleva (Galleria Tret’jakov), Mario Lolli Ghetti (Beni culturali e paesaggistici delle Marche), Giovanna Nepi Sciré (Gallerie dell’Accademia), Evgenija Petrova (Museo statale russo di San Pietroburgo), Sandra Pinto (Galleria nazionale d’arte moderna), Georgij Vilinbachov (Ermitage). Coordinamento scientifico per la parte italiana Matteo Lanfranconi e Giulio Manieri Elia. Coordinamento generale Mario Serio, direttore generale del ministero per i Beni e le attività culturali. Catalogo Electa.
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