La natura morta espressione introdotta negli ambienti accademici italiani del sec. XVIIcon un sottinteso spregiativo; essa interpreta impropriamente le denominazioni più antiche utilizzate per indicare la rappresentazione di soggetti inanimati in contrapposizione a quella con figure umane (in Olanda stilleven o natura immobile, 1650; in Italia oggetti inanimati, D. Calvi, 1677; oggetti da ferma, C.C. Malvasia, 1678; in Francia choses mortes et sans mouvement, A. Félibien, 1667). In un'accezione non specifica, il tema della n.m. è già documentato nell'arte ellenistica dei secc. III e II a.C. e nei mosaici di Pompei, Ercolano, Stabia (secc. i a.C. - i d.C), dove sono rappresentati, nella resa illusionistica tipica dell'ellenismo, fiori e vivande.
La tradizione antica riaffiora nel Trecento e soprattutto nel Quattrocento, per es. negli armadi con oggetti liturgici affrescati da T. Caddi in Santa Croce a Firenze, negli elementi di arredo e decorativi che compaiono nelle tarsie dello studiolo di Federico da Montefeltro a Urbino o negli stalli di Fra' Giovanni da Verona nel coro di Santa Maria in Organo, o ancora negli inserti con fiori e libri delle Annunciazioni fiamminghe o negli oggetti dello studio presenti nelle raffigurazioni di San Gero-lamo (fino ai vertici di Colantonio e Antonello da Messina), senza trascurare l'illusionistica pa-noplia di J. De' Bardi datata 1504: tali esempi rappresentano altrettante significative anticipazioni della n.m. Ma anche se la raffigurazione di elementi naturali o di soggetti inanimati caratterizzò le espressioni artistiche dei movimenti filosofici e culturali attenti all'osservazione della natura (per es., la corte di Federico n in Sicilia) con l'ortografia ricca di richiami evocativi-simbolici dell'arte religiosa, tuttavia la n.m. si affermò come genere artistico autonomo solo negli anni della Controriforma. Negli ultimi decenni del cinquecento, lo sviluppo della n.m. si inserì all'interno del rinnovamento iconografico della pittura di devozione come conseguenza del ricoscimento, sancito dal Concilio di Trento, della capacitàdela degli elementi naturali di stimolare la devozione religiosa con la loro semplice immediatezza. L'attenzione ai temi della vita quotidiana caratterizzò gli incunaboli del genere dando vita a vaste composizioni comprendenti internidi cucine o tavole imbandite in cui la la raffigurazione di episodi del Nuovo Testamento (Cristo in casa di Marta, la Lavanda dei piedi) fungeva da pretesto per rappresentare esuberanti accumulazioni di vivande disposte in primo piano (tipica l'opera degli olandesi
P. Aertsen, J. Beuckeler. di F. e L. Bassano, interpretata in chiave allegorico-profana da V. Campi, B. Passarotti
e Annibale Carracci). Sempre all'interno della cul-tura controriformata si sviluppò il gusto per i soggetti emblematici, allegorici, concettosi, che ebbe una notevole importanza per la fortuna della n.m. (le fantasie dell'Arcimboldi). Contemporaneamente, a cavallo fra i secc. XVI e XVII la n.m. si andò affermando come raffigurazione documentaria legata allo sviluppo delle scienze naturali in parallelo all'illustrazione scientifica (J. Ligozzi, G. Garzoni). Questo tipo di n.m. documentaria, tesa a una fedele riproduzione della realtà naturale e improntata a uno spiccato gusto descrittivo, si sviluppò in area fiamminga (J.
Hoefnagel, A. Bosschaert il Vecchio, J. Bruegel il Vecchio) ed ebbe una fortuna immediata nelle collezioni dell'Italia settentrionale (Federico Borromeo a Milano, per il quale lavorò lo stesso Bruegel durante il suo soggiorno milanese; il duca Carlo Emanuele i di Savoia a Torino) stimolando la produzione locale (F. Codino, F. Gali-zia, P. Nuvolone, O.M. Caccia): si tratta prevalentemente di composizioni in cui il soggetto (canestro, vaso o ghirlanda di fiori) è rappresentato per lo più frontalmente e disposto simmetricamente rispetto alla superficie del supporto. Caravaggio, uno dei primi specialisti di n.m.
(Canestro, 1599-1600 ca, Milano, Pin. Ambrosiana), fu anche il primo artista che si schierò apertamente contro le gerarchie dei generi artistici imposte dai teorici dell'epoca, per i quali la n.m. era da considerare una produzione minore, sostenendo che «tanta manifattura gli era fare un quadro buono di fiori come di figure».
Nel corso del Seicento, in seguito all'apertura del mercato artistico a un più vasto pubblico (-» collezionismo), la n.m. si diffuse in tutta Europa al punto che è possibile identificare scuole regionali specializzate nel genere. A Roma sopravvisse la tendenza, di origine manieristica, a isolare gli oggetti nello spazio e a riprodurli in modo minuzioso (P.P. Bonzi). Abbandonando progressivamente ogni connotazione simbolica, la n.m. romana, a contatto con le opere dei pittori nordici specializzati nelle rappresentazioni di fiori (
D. Seghers, A. Bruegel) e di animali (F. Snyders, J. Roos, J. Fyt), acquistò sempre più una funzione squisitamente decorativa fino al virtuosismo pittorico delle grandi composizioni floreali di M. Nuzzi e di M. Pace, perpetuato alla fine del Seicento e nel secolo seguente da G.P. Spadino e Ch. Berentz. A Napoli, gli esempi più antichi, quali le cristalline presentazioni di frutta e di fiori di L. Forte o la tavola imbandita dell'anonimo Maestro di Palazzo San Gervaso, riflettono la conoscenza delle coeve esperienze romane e dei bodegónes spagnoli; ma la n.m. napoletana acquista la sua tipica fisionomia, sensuosa e realistica, con i dipinti di animali e i sottoboschi di P. Porpora e i fiori e i pesci di
G.B. Ruoppolo e di G. Recco. Autonomi sviluppi ebbe la n.m. in Toscana (J. Chimenti, T. Salini, P. Paolini,
Simone del Tintore, B. Bimbi) con una produzione di cucine e botteghe cui non mancano sottili allusioni simboliche. In Emilia e Lombardia, la fioritura del genere è testimoniata da artisti come E. Baschenis e B. Bettera (coi loro strumenti musicali).P.F. Cittadini, C. Munari (con le sue asettiche porcellane), F. Boselli (con la conturbante macerazione delle carni nelle macellerie), M. Caffi (con le sue composizioni floreali). In Liguria si segnalano S. Scorza e G.A. Cassano.
In Spagna, dove lo sviluppo della n.m fu influenzato dalla presenza di opere di artisti fiamminghi (J. Van der Hamen) e da forti motivazioni spiri-tualistiche, il genere ebbe in B. de Ledesma uno dei suoi iniziatori. Suo allievo a Toledo fu J. Sàn-chez Cotàn, che ritraeva nei suoi dipinti pochi oggetti quotidiani magicamente rinchiusi in una inquadratura prospettica. Da lui discendono le n.m. di F. de Zurbaràn,
alle quali la fissità della luce e un'arcaica semplicità compositiva conferiscono una profonda risonanza spirituale. L'abbondante produzione di fastosi dipinti di fiori dalla seconda metà del sec. XVII (J. de Arellano, B. Pérez) riflette invece il dilagare di una moda più superficiale. Nei Paesi Bassi il genere rimase a lungo legato a connotazioni simboliche (si veda per approfondimenti la scheda sulla «Vanitas» alle pp. 848-849). R. Ruysch raffinò in chiave vir-tuosistica le composizioni floreali di A. Bos-schaert e J. Bruegel in cui le varie specie alludono più o meno esplicitamente alla caducità della vita. Il tema della tavola imbandita (D. Bailly, P. Van Steenwyck, C. Peeters, W. Van Aelst, specializzati in n.m. con cacciagione), anch'esso in relazione con le allegorie della «Vanitas», fu valorizzato con accurate ricerche formali (P. Claesz, W. Claesz Heda) prima che il rinnovamento lumi-nistico di Rembrandt trovasse eco nel denso tessuto di colori delle serotine nature morte di W. Kalf. In Francia, la produzione di n.m., suddivisa in vari generi (tavole imbandite, vanità, buffet), rimase legata nella prima metà del Seicento a rigidi schemi geometrici (S. Stosskopff, L. Baugin) che furono superati solo nella seconda metà del secolo e nel Settecento da composizioni a carattere barocco volte soprattutto a soddisfare esigenze decorative (N. Baudesson, J.-B. Monnoyer). Il Settecento vide una ripetizione in Europa e in Italia di formule compositive standardizzate all'insegna di un mero virtuosismo, come testimoniano i mazzi e i canestri di fiori di E. Marchioni e le stesse n.m. di F. Guardi. Fanno eccezione alcuni artisti in cui si esprime un movimento riformatore degli eccessi barocchi della n.m., caratterizzato da una costruzione spaziale rigorosa e da un'attenzione per la calma vita delle cose: così le mense e le dispense del marchigiano C. Magini, con il loro rigore illuminista e l'opaco impasto pittorico, trovano riscontro in Spagna nella produzione di L.E. Meléndez, uno dei più concisi e meditati pittori di n.m. del Settecento, in Francia nelle tele con uccelli di J.-B. Oudry e nelle n.m. di J.-B.-S. Chardin, in Svizzera nei lavori del ginevrino J.-É. Liotard, artisti tutti i cui esiti si collocano oltre la produzione di genere.
Con la sopraggiunta libertà creativa del romanticismo, la n.m. perse progressivamente lo specifico carattere di pittura di genere e appare difficile ravvisarne, in quanto tale, una continuità nell'opera di Goya o degli impressionisti e, in generale,nella n.m. del Novecento. Non va comunque dimenticato che nel sec. xx la n.m. ha conosciuto momenti di rinnovata fortuna sia nell'ambito di gruppi o tendenze particolari sia in singole personalità artistiche. A tale genere, infatti, svuotato dei suoi tradizionali significati simbolici - peraltro ancora avvertibili in talune n.m. di Cézanne - si è fatto ricorso quando l'interesse dei pittori sì è concentrato sui valori puramente linguistico-struttu-rali dell'immagine dipinta, per lo più privi di riferimenti significativi alla storia ovvero a componenti di tipo narrativo. In tale contesto si inscrivono le n.m. del primo cubismo e poi del neocubismo degli anni Quaranta, sorta di esercizi grammaticali sui modi di un linguaggio moderno (con le figure di P. Picasso e G. Braque in entrambi i casi in primo piano), e quelle dei pittori puristi e della Nuova Òggettività, accomunate da una ricerca di equilibri formali di tradizione classicista. Quanto a singoli percorsi artistici, si ricorda in primo luogo la frequenza della n.m. nella pittura di
G. Morandi, che proprio per il tramite di questo tema, a partire da modelli metafisici, ha esercitato una ricerca di puri valori pittorici.
Approfondimenti Lo studiolo di Montefeltro http://www.arengario.net/momenti/momenti35.html
http://www.sapere.it/tc/scuola/percorsi/DP_montefeltro/foglia6.jsp
La Natura morta di Marco Rosci
La nascita della natura morta alla fine del Cinquecento in Europa ha rappresentato un profondo avanzamento nell’interesse per la natura in consentaneità con i tempi e un rivoluzionario, deciso distinguersi dalla visione umanistica, che privilegiava l’uomo. Come si può capire, i pittori che vi si dedicavano furono meno apprezzati, specialmente in Italia. Molte sono le caratteristiche che distinguono la natura morta italiana da quella di altri paesi, anche se si sono verificati in ogni tempo notevoli scambi e influssi. I nostri esempi spiccano per le caratteristiche individuali che si manifestano con maggiore evidenza in confronto alla produzione delle botteghe nordiche. Lo studio diretto dal naturale secondo l’insegnamento del Caravaggio fu un grande stimolo e giovò, per dichiarazione di qualche contemporaneo, anche per esercitarsi nell’uso del colore. E queste sono premesse che vanno considerate per entrare nel mondo della natura italiana.
Mina Gregori: