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Induno Girolamo  Vittorio Emanuele II Homer  Ragazzi in un pascolo Sisley AlfredI l bacino d'abbeveraggio dei cavalli a Marly-le-Roy, Sérusier Paul , Francis Picabia PROSTITUZIONE UNIVERSALE 1916 Rouault Georges The Clown, 1918-22 le_Faucconier henry     Ritratto di_ Castieaux. Federico Moja   Alle zattere olio, 160x94 De Nittis Giuseppe Scampagnata vicino  Parigi De Nittis Giuseppe Bonaccia al largo di Brindisi
 
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CARLO LEVI "Il volto del novecento" 100 opere di Carlo Levi fra pitture e...

19/08/2013
 
 


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Ciulla Girolamo
SCULTURA » Scultori

 
   
FOTO PRESENTI 10
 
Ciulla Girolamo
Ciulla Girolamo
CIULLA GIROLAMO
Ciulla Girolamo
Ciulla Girolamo
CIULLA GIROLAMO
Ciulla Girolamo
Ciulla Girolamo
CIULLA GIROLAMO
Ciulla  Girolamo
Ciulla Girolamo
CIULLA GIROLAMO
Ciulla Girolamo
Ciulla Girolamo
CIULLA GIROLAMO
Ciulla Girolamo al lavoro
Ciulla Girolamo
CIULLA GIROLAMO AL LAVORO
Ciulla Girolamo Cerere
Ciulla Girolamo
CIULLA GIROLAMO CERERE
E' arivato il mese di Aprile del 2005.nello studio fatalmente polveroso di girolamo Ciulla a Pietrasanta, ci sono molte nuove sculture ma una, sopra tutte, è quella che appare come la vera dea delle messi: lei, Cerere Giorgio Soavi
Ciulla Girolamo  Nello Studio
Ciulla Girolamo
CIULLA GIROLAMO NELLO STUDIO
ciulla Girolamo davanti ad un opera
Ciulla Girolamo
CIULLA GIROLAMO DAVANTI AD UN OPERA
Ciulla Girolamo
Ciulla Girolamo
CIULLA GIROLAMO
   
Ogni viaggio è sempre un ritorno. Anche quello che siamo abituati a considerare l'essenza dell'avventura, l'Odissea, non è altro, come si sa, che una lunga dilazione, un percorso popolato di formidabili tentazioni, che tuttavia non annullano i richiami, antichi e tenaci, di un'isola pietrosa, un vecchio padre, una moglie cocciuta e diffidente, un figlio sconosciuto. Ulisse così rappresenta l'individuo qualunque che si avventura nel mondo, solo per tornare a casa, ossia a se stesso, e il senso dell'avventura non è altro che il bisogno di recuperare l'infanzia, di non perdere di vista le proprie origini, di cercare una identità profonda, meno provvisoria per quanto possibile. Clicca per chiudere
Nessuna meraviglia dunque se l'avventura artistica di Girolamo Ciulla — che è lui pure un isolano, nato in Sicilia per giunta, in una terra essenziale per la verità poetica oltreché per la geografia dell'Odissea — sia improntata dal tentativo di mettere al sicuro le suggestioni dell'infanzia, di quella dell'uomo mediterraneo oltreché della sua personale, dalla ferocia della modernità, al bisogno di ancorarsi alla memoria, che per un siciliano è dura come il nocciolo della mandorla, gustosa e feconda come il seme che contiene.
Ciulla ci ha abituati da tempo ad una scultura di forte stabilità, sintetica nelle forme, misurata nell'ostentazione dei dettagli; una scultura del tutto ignara dell'ansia di precisione, così sostanziale da sembrare un dato naturale, benché irrobustito da complicate sedimentazioni culturali, della mentalità siciliana, puntigliosa al limite della cocciutaggine, alimentata dalla suggestione del paradosso ma anche dalla consolante stabilità del rito, così concentrata sui particolari da sembrare del tutto ignara dell'esistenza di un più generale contesto, votata all'iperbole e all'esagerazione, barocca nel pensiero, nel gusto e nella parola, si vorrebbe dire.
Se guardiamo alle figure femminili, un tema da sempre ricorrente nella scultura di Ciulla, siamo immediatamente colpiti dalla loro massiccia presenza, invadente anche quando sono ridotte a poco più di una semplice stele; a imporsi è certamente la loro stabilità formale, alimentata e amplificata dall'ingrandimento della testa, che potrebbe far pensare alle statue-stele lunigianesi, anche se la somiglianzà ci sembra del tutto casuale: l'ingombro delle teste serve in effetti solo ad accentuare la concentrazione della figura, ad equilibrare la corposità della scultura, e solo di conseguenza ad alimentare l'inquietudine di una immagine che riemerge non tanto dal passato della storia, ma da quel passato, ben più lontano, oscuro e profondo, che ciascuno di noi si porta dentro.Insomma l'ingombro di quelle teste, piuttosto che la citazione dì un primordiale istinto naturalistico della scultura, è per Ciulla una esigenza formale per una precisa intenzione poetica; e se proprio dobbiamo trovare un precedente, arcaico e famoso, a quel potente richiamo verso l'importanza della testa rispetto al corpo della scultura, piuttosto che alle statue-stele, per le quali il capo rimane in ogni caso un'appendice, ci piace pensare al Guerriero di Capestrano, al suo assurdo copricapo, che non ha nessun valore figurativo e quindi nessun altro senso che quello di dare forza alla figura, altrimenti debole al punto da dover essere sostenuta da puntelli laterali, di fornire una giustificazione alle sue attitudini guerriere, di garantire insomma presenza e spessore a un personaggio altrimenti muto di richiami profondi, vuoto di sentimenti.
Basta poco comunque ad animare la fermezza delle figure di Ciulla; basta cioè la sottile modulazione dei volti, androgini, attoniti: quel senso di distrazione profonda che ne vela gli sguardi genera un'incertezza dura da vincere. Sono facce che simulano, ambigue nell'espressione, ignote nell'intenzione; facce capaci di piangerti in faccia e riderti alle spalle; facce da guardare ali' improvviso, voltandosi di scatto, sperando di coglierne chissà quale segreto; facce trasparenti e tuttavia impenetrabili, che si insinuano con l'indeterminatezza dì un ricordo, e poi sembrano precisarsi in qualcosa che effettivamente possiamo credere di avere già visto; ma è solo un' illusione, perché non rimandano ad un altro volto bensì ad un altro mistero, quello che a Cetalù si perde nello sguardo e nel sorriso ironico del più famoso, ed ignoto, ritratto di Antonello da Messina.
O forse non abbiamo a che fare con facce che simulano, ma con maschere che nascondono: l'enigma della Sfinge, il volto sconvolgente della Medusa, la rigida teatralità di una Tanagra. In ogni caso il significato non cambia; nulla è come appare, e il senso vero delle cose, come quello della nostra esistenza, continua a sfuggirci; l'illusione di capirci qualcosa non è che l'impressione di un momento, la verità è sempre altrove o forse in un altro tempo, come qualcosa che abbiamo già vissuto e a cui purtroppo non abbiamo dato peso.Quei tasselli che si aprono sul corpo, ma più spesso sulla testa, delle figure di Ciulla non sono forse il tentativo di recuperare dal profondo della memoria brandelli di questa impressione di essere stati — in un altro momento della nostra vita o in un'altra epoca dell'esistenza dell'uomo — più vicini alla verità, all'essenza delle cose? Queste aperture si aprono infatti come squarci della memoria, e se non sono vuoti e bui, come i buchi di quell'immenso alveare che è la necropoli di Tantalica, è perché l'immaginazione dello scultore vi colloca l'improvviso balenare di un ricordo, un volto familiare o un personaggio mitologico, oggetti d'uso o animali favolosi, la polposa fragranza di un frutto e il richiamo di un simbolo misterioso.
Quella di Girolamo Ciulla è in effetti una scultura della memoria e di quello sfogo nella nostalgia che qualunque ricordo finisce per alimentare. Una scultura che non a caso trova nel travertino la sua materia ideale, per quella capacità che questa pietra, così porosa, ricca di lacerazioni e di strappi, ha nel conferire stabilità alla forma senza attenuare quell'impressione di sfaldamento che deve avere una figura della memoria, di accogliere cioè contemporaneamente la saldezza del ricordo, ma anche quel senso di indeterminatezza che in ogni caso lo avvolge.    Ciulla Stele           Ciulla Annunciazione
Ecco così affiorare nella scultura di Ciulla simboli originali, la cui carica evocativa si perde nel profondo, della storia e della coscienza dell'uomo. Primo fra tutti il coccodrillo, signore delle acque, custode del fulmine e quindi della pioggia, ma anche suggeritore di passioni profonde, viscerali. maschili, simbolo di fertilità dunque ma anche di fecondità, divoratore di giovani vergini, trascinate di forza ad un amplesso che ha bisogno di essere sacrificale per poter essere giustificato, e quindi alla fine sacralizzalo. E poi il pesce, un altro simbolo di fertilità, ma più domestico e civile: non più un sensuale divoratore di anime, ma un nutrimento della coscienza, il vitale alimento dello spirito, che protegge l'uomo dalle insidie del mondo, ma anche dalla ferocia primordiale di una mai sopita carica distruttiva intcriore. E ancora la melagrana, il frutto dai molti semi, alla cui prorompente fecondità gli antichi attribuivano il potere di "far scendere le anime nella carne", un modo di dire che è qualcosa di più di una suggestione poetica, e che suona piuttosto come una lontanissima eco, l'ultimo rimbalzo di chissà quale altro mito primordiale della creazione.
Da ultimo sulle steli di Girolamo Ciulla sono comparse non a caso le sagome dei Templi, Agrigento soprattutto, ma ovviamente anche Segesta e Selinunte: un richiamo preciso alle origini antiche, micenee ancor prima che greche, della civiltà e della cultura della sua isola. Il tempio, luogo dell'anima e specchio del mondo, origine e misura dello spazio, sintesi di regole e proporzioni, lezione di geometria, rappresenta per uno scultore, e soprattutto se siciliano, un'attrazione inevitabile, perché fornisce l'occasione per fare i conti non con una generica infanzia, ma con quel preciso momento in cui un ragazzo guarda la realtà di tutti i giorni con occhio diverso, scopre una diversa essenza delle cose, e capisce che per un artista conta soprattutto recuperare l'origine dei propri sensi, del proprio modo di guardare, sentire, toccare e soprattutto assaporare.
In una delle più recenti sculture di Ciulla appare, improvviso come il riemergere di un ricordo, un piccolo albero, insolito per noi, famigliare per chi abbia dimestichezza con la valle del Platani, che dalla campagna di Caltanissetta scende al mare di Agrigento, popolata di ulivi, mandorli, carrubi. e soprattutto, per la sorpresa di un casuale passante forestiero, da bellissime selve di pistacchi.
Il pistacchio, i cui frutti morbidi e dolci poco hanno a che fare con i noccioli rinsecchiti che compaiono all'ora dell'aperitivo, è un albero della vita, uno di quelli che la natura regala agli uomini per le situazioni critiche, il momento del bisogno e l'ora della felicità. Un albero della manna insemina.E non sarà un caso se qui, nella più intema ed impervia campagna siciliana, sopravvive fino ai nostri giorni il mito di Adone, ancora un mito dì fertilità, ma anche un mito di grande suggestione per la storia della scultura,
La storia di Adone, raccontata da Ovidio, è troppo bella per sciuparla con un riassunto che sembrerebbe una caricatura, e tuttavia bisogna ricordare come Adone sia nato appunto, figlio della colpa, dalla corteccia di un albero che secerne resina profumata, quello della mirra o del pistacchio chissà?, e che lui stesso, colto da mone improvvisa e cruenta, sarà trasformato in un fiore, effimero ma bellissimo, come il papavero, che accompagna la crescita e la maturazione dei campì del pane.
La festa di Adone, celebrata in molte regioni dell'antichità, è un strano rito di fertilità; celebrato all'inizio della primavera, comportava la collocazione di un simulacro del giovane disteso in un campo, in attesa della sua trasformazione in fiore, e quindi della sua resurrezione, compianto da Afrodite, mentre la gente offriva fratta, dolci, ma soprattutto piante di cereali, seminate in basse ciotole o direttamente nell'acqua, fatte crescere velocemente, al caldo e al buio, e quindi prive di clorofilla, eteree nella loro effimera bellezza. Questa parte del rito permane, fino ad anni recenti, almeno fino a quelli dell'infanzia di Girolamo, che poi sono gli stessi della mia. nelle cerimonie della settimana santa, dall'allestimento del sepolcro di Cristo, al compianto della Madonna sul corpo del figlio morto, alla resurrezione.
Possiamo immaginare che quando Girolamo Ciulla si avvicina alla scultura, frequentando i laboratori del quartiere di Caltanissetta, dove è nato e cresciuto, si trovi di fronte molti di questi compianti, tipici dell'arte funeraria di ogni epoca e cultura, da secoli ormai compendiati nel tema della "Pietà": un modulo espressivo così famoso e compenetrato alla tradizione cattolica, da farci dimenticare che con ogni probabilità siamo di fronte a uno dei motivi più antichi della nostra tradizione figurativa, uno di quei luoghi dove affondano le radici originarie della scultura.
E da qui che ha avuto origine dunque il percorso artistico di Girolamo Ciulla, ed è alla riscoperta di queste radici che lo sta riportando il suo viaggio di scultore sensibile e curioso. Si tratterà alla fine di riparare nei luoghi più segreti della memoria, dove tutta la Sicilia, ma forse tutto il Mediterraneo, antichi dei e eroi barbuti, figure bronzee e addobbi dorati, gorgoni alate e sculture mutile, palme e vigneti, navi straniere e lune primitive, scemi di paese e filosofi, tutto ciò e molto d'altro può essere riassunto, e pienamente assaporato, nell'aspro e acerbo gusto dell'oliva nera fra i denti. Un sapore più antico di quello della carne e del vino rosso. Antico come l'acqua fresca.
Andare alle origini, tendere all'essenziale, può sembrare nel percorso di un artista, che per giunta pratica la materiale solidità della scultura, un approdo da poco, alla fine di un viaggio che sarà stato lungo, faticoso e comunque sempre a rischio del naufragio, quello dell'incomprensione se non altro. Ma dedicarsi interamente a una pratica antica come quella della scultura non può non indurre, a lungo andare, a una saggezza d'altri tempi, che combina un grande amore per l'esistenza e la rinuncia a qualsiasì aspettativa di ricompensa. Quella saggezza distaccala che dal senso del viaggio dì Ulisse ricava uno straordinario poeta greco, moderno ma di sentimento antico, come Costantinos Kavafìs: "Sempre devi avere in mente Itaca / raggiungerla sia il pensiero costante. / Soprattutto, non affrettare il viaggio; / fa' che duri a lungo, per anni, e che da vecchio / metta piede sull'isola, tu, ricco, / dei tesori accumulati per strada / senza aspettarti ricchezza da Itaca. // Itaca ti ha dato un bel viaggio / senza di lei mai t: saresti messo / in viaggio: che cos'altro ti aspetti?". Massimo Bertozzi



   Girolamo Ciulla è un artista molto appassionato anzi divorato dal piacere di fare sculture,di lavorare la pasta del travertino a gradino   Mostre personali:
1976 Centro d’Arte Il Peplo, Palermo 1980 Studio 3A, Enna 1982 Centro Il Grifone, Caltanissetta Studio 3A, Enna 1983 Galleria Il Sale, Catania 1984 Galleria Il Sale, Catania 1986 Galleria Astrolabio, Messina Galleria Il Sale, Catania 1987 Galleria Davico, Dialogo fra scultori Ciulla-Bergomi, Torino Galleria Forni, Bologna 1989 Galleria Gian Ferrari, Milano Galleria Steltman, Amsterdam 1990 Galleria Davico, Torino 1991 Galleria Forni, Bologna Galleria Botti, Chiostro di S.Agostino, Scolpire in prima persona: Ciulla-Guadagnucci, Pietrasanta Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Sarcinelli, Conegliano 1992 Galleria Forni, Bologna Salone di Settembre, Zitelle, Venezia 1993 Galleria Arte Segno, Udine Galleria Davico, Torino Galleria Il Sale, Catania 1994 Bergomi-Caselli-Ciulla, Galleria Forni Scultura, Bologna 1995 Galleria L’Acquario, Caltanissetta Studio d’Arte La Subbia, Pietrasanta Galleria Forni Scultura, Bologna 1996 Galleria Antonia Jannone, Milano 1997 Collez. d’Arte Contemporanea Ca’ la Ghironda, Ponte Ronca di Zola Predosa (Bologna) Chiesa di Marignana, Camaiore Galleria Forni, Bologna





 
 
 

 


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