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FOTO PRESENTI 10 |
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William Congdon 1912-1998 Vicenza
CONGDON WILLIAM NEW YORK CITY (EXPLOSION),
1948
inchiostro e olio su cartone telato
38 x 55 cm
Milano, The William G. Congdon Foundation
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William Congdon 1912-1998 Vicenza
CONGDON WILLIAM VENICE, 3,
1950
olio su compensato
95 x 118 cm
Santa Barbara (California),
Santa Barbara Museum of Art, gift of Wright S. Lundington
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William Congdon 1912-1998 Vicenza
CONGDON WILLIAM ROME – PANTHEON, 1,
1950
olio su pannello
120 x 104 cm
Santa Barbara (California), collezione privata
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William Congdon 1912-1998 Vicenza
CONGDON WILLIAM CROCIFISSO, 2,
1960
olio su faesite
89 x 59
Assisi, Galleria d’Arte Contemporanea
Pro Civitate Christiana
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William Congdon 1912-1998 Vicenza
COGDON WILLIAM CROCIFISSO, 15,
1964
olio su faesite
70 x 50 cm
Padova, collezione privata
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William Congdon 1912-1998 Vicenza
CONGDON WILLIAM CROCIFISSO, 29,
1966
olio su pannello
90 x 70 cm
Milano, collezione privata
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William Congdon 1912-1998 Vicenza
CONGDON WILLIAM CROCIFISSO, 34,
1966
olio su pannello
100 x 85 cm
Pieve di Cento, collezione privata
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William Congdon 1912-1998 Vicenza
CONGDON WILLIAM
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William Congdon 1912-1998 Vicenza
CONGDOM WILLIAM
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William Congdon 1912-1998 Vicenza
CONGDOM WILLIAM LA TRINITà
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Analogia dell'icona: la luce del buio Il titolo di questa mostra riprende e sviluppa una vecchia intuizione di Massimo Cacciari sulla pittura di Congdon: una pittura che, come abbiamo visto, tende a rifiutare le componenti psicologiche e soggettive del fatto artistico; che si mantiene fedele a precisi riti procedurali; che assiste al divenire di un atto, quasi l'opera d'arte nascesse e non fosse realizzata. In questo senso tutto il percorso di Congdon appare inscritto in una dinamica che è analoga a quella del pittore di icone, anche se alla foglia d'oro stesa sulla superficie del dipinto, che rinvia alla luce dell'epifania del divino, si sostituisce il fondo nero che rivela l'intima drammaticità della moderna coscienza. E a tutto ciò possiamo aggiungere la persistenza di forme simboliche nelle sue composizioni, un atteggiamento mistico nei confronti delle immagini e dei colori che incontra.
Non è solo questo. Alla base della pittura di icone, così come appare nella riflessione di san Giovanni Damasceno e come confermerà il II concilio di Nicea, sta il mistero dell'Incarnazione. Il fatto che il Figlio di Dio si sia reso visibile diviene infatti la garanzia della nostra possibilità di raffigurare il divino. Congdon aggiunge qualcosa a questo millenario ripensare il fondamento dell'arte cristiana: egli coglie il massimo dispiegarsi dell'Incarnazione nella Passione e nella morte di Gesù. È sufficiente considerare il catalogo dell'artista: al di là del periodo immediatamente successivo alla conversione, quando osserviamo una serie di soggetti ricavati soprattutto dal Nuovo Testamento, esso annovera poco meno di duecento raffigurazioni del Crocifisso. o di questa mostra riprende e sviluppa una vecchia intuizione di Massimo Cacciari sulla pittura di Congdon: una pittura che, come abbiamo visto, tende a rifiutare le componenti psicologiche e soggettive del fatto artistico; che si mantiene fedele a precisi riti procedurali; che assiste al divenire di un atto, quasi l'opera d'arte nascesse e non fosse realizzata. In questo senso tutto il percorso di Congdon appare inscritto in una dinamica che è analoga a quella del pittore di icone, anche se alla foglia d'oro stesa sulla superficie del dipinto, che rinvia alla luce dell'epifania del divino, si sostituisce il fondo nero che rivela l'intima drammaticità della moderna coscienza. E a tutto ciò possiamo aggiungere la persistenza di forme simboliche nelle sue composizioni, un atteggiamento mistico nei confronti delle immagini e dei colori che incontra.
William Congdon nacque a Providence (Rhode Island) il 15 aprile del 1912, la stessa data dell'affondamento del Titanic: per questo, quasi quarant'anni dopo, Peggy Guggenheim credeva di riconoscere in lui una sorta di reincarnazione del padre, scomparso in mare nella tragedia del transatlantico. La coincidenza non è solo bizzarra, segna invece uno dei due possibili approcci alla vicenda biografica dell'artista. Si tratta di una vita lunga (Congdon è morto a Milano il 15 aprile del 1998, il giorno del suo ottantaseiesimo compleanno) e straordinariamente fitta di episodi, di viaggi, di incontri, di esperienze. Prima di ogni altro, lui stesso l'ha riletta più volte proprio nei termini di una sequenza di fatali appuntamenti con il destino: non sarebbe difficile dunque ricavarne un romanzo. Ma ciò rischierebbe di farci perdere contatto con la sua pittura, con la sua ricerca; di vederle soprattutto come la conseguenza di fatti esistenziali. È preferibile pertanto ripercorrere in estrema sintesi i dati della biografia per lasciare spazio ad alcuni elementi che possono consentire di comprendere meglio il senso di questa mostra.
William Congdon nasce da una ricca famiglia di industriali e banchieri del New England. Inizia il suo percorso di artista solo dopo l'università, e come scultore. Durante la seconda guerra mondiale fu autista di ambulanze nell'American Field Service, tra i primi a giungere nel campo di sterminio di Bergen Belsen.
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