Ma la ricca clientela che si era assicurato dipingendo di preferenza tele di soggetto mitologico o biblico, ove dominano il nudo femminile languidamente atteggiato e una bellezza maschile ambigua e inquietante,lo persuase assai presto a ristabilirsi a Firenze.Quattro Coronati (altra impresa di Giovanni da San Giovanni,nei cui riquadri inferiori la critica ritiene di poter individuare la presenza del F). Questa complessa esperienza, coinvolgente la cultura artistica romana di quegli anni, è leggibile nelle prime opere furiniane, tra le quali, insieme al Cefalo e Aurora (databile al 1628 ca.: Ponce (Portorico),Museo de Arte) e alla Morte di Adone a Budapest, il fondamentale dipinto
La Pittura e la Poesia (Firenze, Pitti), di poco precedente, datato (1626) e firmato dall’artista.
Altri riferimenti cronologici sicuri sono offerti dalla documentata (1634) pala della Consegna del Rosario a san Domenico (Empoli, Santo Stefano) una delle rare commissioni ecclesiastiche del Furini è degli affreschi nella sala degli Argenti di palazzo Pitti (1639-42), nei quali l’artista fiorentino sembra tener conto della pittura di Pietro da Cortona. In opere di questo periodo, inoltre, suggestioni cromatiche strozzesche hanno fatto supporre un secondo viaggio a Venezia, eventualmente nel 1638.
La sua pittura sfumata e azzurrina della quale fu l’originale ideatore non partecipa delle ricerche realistiche in cui erano impegnati, sebbene piú con diligente applicazione
che con ingegno, i pittori toscani contemporanei, ma si mantiene nella sfera di una idealizzazione sofisticata, intrisa di complesso erotismo. Tuttavia la sua maniera ebbe
seguaci ed estimatori per tutto il corso del secolo. Ad essa egli giunse attraverso un percorso culturale complesso, anche se scarsamente confortato da documenti e datazioni sicure di opere. Nel primo soggiorno romano sarebbe stato alla scuola del «caravaggesco» Manfredi, allora notevolmente apprezzato anche a Firenze dai Medici.
Quest’informazione, fornita dalle fonti ma trascurata dagli studi piú recenti, trova invece conferma nei caratteri stilistici del Crocifisso tra i SS. Maddalena, Bartolomeo e il
Battista (Todiano presso Preci, chiesa di San Bartolomeo), firmato e datato 1623. Rintracciato (1989) nel piccolo centro umbro, il dipinto costituisce il primo termine sicuro
dell’attività del F, oltre che la prova delle sue esperienze romane. Tornato a Roma in quello stesso 1623 dopo un probabile rientro fiorentino (nella bottega di Matteo
Rosselli), si legò al compatriota Giovanni da San Giovanni,collaborando con questi, verosimilmente, in alcune parti degli affreschi eseguiti (1623) dal Mannozzi in palazzo
Pallavicini Rospigliosi, e quindi ancora (1623-24) nella decorazione affrescata nella chiesa romana dei SantiQuattro Coronati (altra impresa di Giovanni da San Giovanni,
nei cui riquadri inferiori la critica ritiene di poter individuare la presenza del F). Questa complessa esperienza, coinvolgente la cultura artistica romana di quegli anni,
è leggibile nelle prime opere furiniane, tra le quali, insieme al Cefalo e Aurora (databile al 1628 ca.: Ponce (Portoric Museo de Arte) e alla Morte di Adone a Budapest, il
fondamentale dipinto La Pittura e la Poesia (Firenze, Pitti), di poco precedente, datato (1626) e firmato dall’artista.
Altri riferimenti cronologici sicuri sono offerti dalla documentata (1634) pala della Consegna del Rosario a san Domenico (Empoli, Santo Stefano) una delle rare commissioni ecclesiastiche del Furini e dagli affreschi nella sala degli Argenti di palazzo Pitti (1639-42), nei quali l’artista fiorentino sembra tener conto della pittura di Pietro da Cortona. In opere di questo periodo, inoltre, suggestioni cromatiche strozzesche hanno fatto supporre un secondo viaggio a Venezia, eventualmente nel 1638.