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CARLO LEVI "Il volto del novecento" 100 opere di Carlo Levi fra pitture e...

19/08/2013
 
 


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De Gregorio Marco (Resina [na], 1829 - Napoli, 1876)
MONOGRAFIE » Artisti dalla A alla F

 
   
FOTO PRESENTI 4
 
De Gregorio Anacapri [1874 c.],
De Gregorio Marco (Resina [na], 1829 - Napoli, 1876)
DE GREGORIO ANACAPRI [1874 C.],
olio su tela, 55 x 78 cm
De Gregorio Marco La casa dei capitelli colorati
De Gregorio Marco (Resina [na], 1829 - Napoli, 1876)
DE GREGORIO MARCO LA CASA DEI CAPITELLI COLORATI
De Gregorio Marco Paesaggio di Avellino 1864,
De Gregorio Marco (Resina [na], 1829 - Napoli, 1876)
DE GREGORIO MARCO PAESAGGIO DI AVELLINO 1864,
olio su tela, 81 x 119,5 cm Firmato e datato in basso a sinistra: "M. De Gregorio 1864". Bologna, collezione privata. provenienza: mercato. Ricomparso soltanto alcuni anni fa sul mercato artistico (cfr. Catalogo Fenice 2000, 1994, p. vii, tav. xxv), il dipinto risale al 1864 e aggiunge un tassello importante alla nostra conoscenza, ancora piuttosto lacunosa, dell'opera di De Gregorio nei primi anni della Scuola di Resina. L'artista anticipa qui alcune ricerche che sarebbero diventate tipicamente denittisiane, quali il tema della strada, quasi una metafora della vita che scorre, animata da viandanti, animali, carri e diligenze. Interessante appare l'inquadratura della strada, diritta e decentrata verso destra, che lascia lo spazio alla descrizione di una bella pianura meridionale, delimitata e chiusa sullo sfondo da una catena di monti, tra i quali il Montevergine innevato. Tipica dei dipinti di De Gregorio di quel periodo è la voglia di narrare, di soffermarsi sui particolari, figurativi e paesaggistici; si veda ad esempio la fila delle agavi, amorevolmente descritte, due delle quali con i caratteristici fiori che segnano la morte della pianta. Altrettanto pronunciato appare lo studio della prospettiva e dei rapporti luce-ombra in un'atmosfera limpida e tersa.
De Gregorio Marco Veduta di Portici
De Gregorio Marco (Resina [na], 1829 - Napoli, 1876)
DE GREGORIO MARCO VEDUTA DI PORTICI
   
Frequentò il Regio Istituto di Belle Arti avviandosi a diventare un pittore di storia. In questa veste partecipò da allievo alle mostre borboniche del 1851 (con "Mosè che difende le donzelle ebree") e del 1859 (con "Galileo Galilei" e un ritratto, medaglia d'argento). Repubblicano radicale in politica, si unì ai garibaldini e combattè sul Volturno con Tedesco e Lojacono, i quali successivamente sarebbero entrati nel sodalizio artistico della Scuola di Resina. Fu proprio De Gregorio a dare inizio a questa esperienza, quando dopo l'unità stabilì il suo studio nella reggia di Portici. Al sodalizio si unirono ben presto Rossano, Cecioni e De Nittis. Fra le opere più antiche di questa fase ricordiamo "Veduta di Porta Grande dall'interno del parco di Capodimonte", "Veduta di Casacalenda" e "Campagna vesuviana" [cat. 61], tutte eseguite fra il 1863 e il 1867 e caratterizzate da un uso attento della luce, da una realizzazione quasi ingenua dei particolari, da un utilizzo chiaro della prospettiva che sembra risentire della "poesia dei lontani" di Gigante (Causa 1966), tenendo conto altresì delle indagini spaziali e luministiche di Nicola Palizzi. Un legame altrettanto forte, ma questa volta con Filippo Palizzi, risulta evidente in "Festa al villaggio" del 1867. Dal 1862 fino alla morte partecipò a tutte le mostre della Promotrice napoletana tranne che a quelle dal 1868 al 1871, poichè in questi anni si recò in Egitto, dove dipinse un nuovo sipario per il teatro del Cairo. Qui De Gregorio fu invitato a rimanere come direttore della scenografia, ma preferì tornare, portando con sè molti schizzi e bozzetti di soggetti orientali, che avrebbe realizzato a Napoli negli anni successivi; "Mercato arabo" (1873), "Fumatori di oppio", "Ragazzi egiziani" sono alcune delle opere orientaliste, nelle quali non rinuncia al suo programma integralmente verista. La ricerca di De Gregorio, che nella fase matura si era avvicinata molto a Filippo Palizzi, negli anni settanta si orientò verso una maggiore sintesi pittorica, divergendo sostanzialmente dalla via del maestro. Nel 1872 si recò a Firenze (dove, per inciso, aveva esposto nella Mostra nazionale del 1861), per conoscere da vicino i Macchiaioli, con i quali aveva stretto un legame importante attraverso Cecioni. Probabilmente nello stesso anno andò anche a Parigi, dove tentò la via mercantile di Goupil; ma, poco incline ai compromessi, non dovè avere troppo successo, dal momento che continuò a condurre una vita grama. In questi anni cresce il suo interesse per il mondo contadino; sono memorabili le sue rappresentazioni dello "Zappatore" e del "Contadino di Somma" (1873), con un linguaggio asciutto e scarno, probabilmente suggestionato anche dalla lettura di Bakunin (Cecioni 1905, p. 396), che tra l'altro aveva soggiornato a Napoli fra il 1865 e il 1867. Di Giacomo ci descrive un De Gregorio che da Portici "urlava le sue idee di anarchia", ma in realtà egli fu un uomo pacifico. Dopo la sua morte fu organizzata una retrospettiva nell'Esposizione nazionale napoletana del 1877, a cura dello scultore Raffaele Belliazzi.




 
 
 

 


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