NOVEMBRE
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2024
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Nuova mostra


CARLO LEVI - IL VOLTO DEL NOVECENTO
CARLO LEVI "Il volto del novecento" 100 opere di Carlo Levi fra pitture e...

19/08/2013
 
 


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Carrà Carlo 1881 - 1966
MONOGRAFIE » Artisti dalla A alla F

 
   
FOTO PRESENTI 7
 
C. Carrà, Le figlie di Loth, 1919
Carrà Carlo 1881 - 1966
C. CARRà, LE FIGLIE DI LOTH, 1919
Olio su tela, 110 x 80 cm Museo Ludwig, Colonia
C. Carrà, L’amante dell’ingegnere, 1921
Carrà Carlo 1881 - 1966
C. CARRà, L’AMANTE DELL’INGEGNERE, 1921
Olio su tela, 55 x 40 cm Collezione privata
C.Carrà In riva al mare
Carrà Carlo 1881 - 1966
C.CARRà IN RIVA AL MARE
In riva al mare, sulla spiaggia, compare la sagoma stilizzata di un pino marittimo dal tronco slanciato, terminante in una piccola e raccolta chioma di aghifoglie. A sinistra, come una quinta scenografica, è raffigurato un caseggiato, la cui funzione è quella di introdurre l'osservatore nello spazio pittorico: si tratta di un robusto solido geometrico, la cui massa imponente è riecheggiata dallo sperone roccioso, a destra. Il paesaggio è disabitato, non vi è alcuna traccia della presenza umana, alla quale si riferisce indirettamente un panno bianco, abbandonato sopra a un cavalletto, al centro del dipinto. Domina un'atmosfera calma e silenziosa, immobile e innaturale, memore delle ambientazioni metafisiche di de Chirico. In questo dipinto, tuttavia, Carrà mette da parte le implicazioni intellettuali e l'allegorismo della Metafisica: il richiamo all'arte del passato diventa un elemento determinante nella ricerca di un moderno e sobrio realismo, in linea con gli ideali propagandati dalla rivista "Valori Plastici". L'attenzione all'arte dei primitivi italiani è evidente nella sistematica semplificazione prospettica e formale, nella ricerca di uno stile sintetico e di sapore arcaico che rimanda alle forme nitide e scultoree dell'arte di Giotto. Questa tela viene esposta per la prima volta alla mostra berlinese "Das Junge italien", organizzata nel 1921 dalla rivista "Valori Plastici"; quattro anni dopo, lo storico dell'arte Wilhelm Worringer dedica al dipinto un celebre saggio sulla rivista "Wissen und Leben". "Con questo dipinto" scrive Carrà nel 1940 "io cercavo di ricreare una rappresentazione mitica della natura [...]. Considero quest'opera fondamentale per il nuovo indirizzo che stavo maturando".
Carrà, I Dioscuri, 1922
Carrà Carlo 1881 - 1966
CARRà, I DIOSCURI, 1922
Olio su tela, 56 x 67 cm Collezione privata
C. Carrà, San Giacomo di Varallo, 1924
Carrà Carlo 1881 - 1966
C. CARRà, SAN GIACOMO DI VARALLO, 1924
Olio su tela, 55 x 60 cm Civica Pinacoteca e Biblioteca, Alessandria
C. Carrà, Il mulino delle castagne, 1925
Carrà Carlo 1881 - 1966
C. CARRà, IL MULINO DELLE CASTAGNE, 1925
Olio su tela, 40 x 55 cm Collezione privata
Carrà, La Crevola, 1924
Carrà Carlo 1881 - 1966
CARRà, LA CREVOLA, 1924
. Olio su tela, 25 x 37 cm Collezione privata, Roma
   
Nato a Quargnento (Alessandria) nel 1881, a soli dodici anni Carlo Carrà abbandona la casa paterna per iniziare a lavorare come decoratore, prima a Valenza Po e in seguito a Milano (1895), dove frequenta i corsi serali dell'Accademia di Brera. Nel 1899 si trasferisce a Parigi, dove realizza alcune decorazioni per l'Exposition uiverselle, un'occasione preziosa per approfondire la conoscenza dell'arte francese moderna e contemporanea. Tornato a Milano, nel 1906 si iscrive all'Accademia di Brera e frequenta i corsi di pittura tenuti da Cesare Tallone, sviluppando un linguaggio pittorico di matrice divisionista. Nel 1910 Carrà conosce Marinetti e, con Boccioni, Russolo, Balla e Severini aderisce al Futurismo. Nel 1912, recatosi nuovamente a Parigi per l'esposizione futurista presso la Galleria Bernheim-Jeune, consolida i legami con gli esponenti del Cubismo. In seguito, le divergenze con Marinetti lo portano ad avvicinarsi ai futuristi fiorentini, capeggiati da Ardengo Soffici e Giovanni Papini. Questi ultimi avviano la pubblicazione della rivista "Lacerba", alla quale Carrà collabora attivamente (1913-1915). Nuovamente a Parigi nel 1914, l'artista si accosta alla tecnica del collage e matura il progressivo distacco dal movimento futurista, realizzatosi compiutamente nel 1916. Nello stesso periodo Carrà studia assiduamente l'arte di Giotto e del Rinascimento italiano, esaltandone nei suoi scritti la chiarezza formale e anticipando graficamente alcune soluzioni formali neoprimitiviste sviluppate negli anni successivi. Nel 1917 conosce a Ferrara Alberto Savinio, Giorgio de Chirico e Filippo De Pisis, un incontro decisivo per l'adesione di Carrà alla Metafisica e per la sua collaborazione alla rivista "Valori Plastici". La progressiva semplificazione formale basata sull'idealizzazione geometrica della realtà conduce l'artista, nel 1921, alla maturazione della fase stilistica del Realismo mitico. Dalla metà degli anni '20, elaborato un proprio stile maturo, Carrà mantiene una posizione autonoma, pur prendendo parte alla esposizioni milanesi del gruppo del Novecento, nel 1926 e nel 1929. Dal 1926 trascorre ogni anno lunghi periodi in Versilia, dove approfondisce il tema, a lui molto caro, del paesaggio marino. Negli anni '30, dopo aver partecipato alle Quadriennali romane (1931; 1935), Carrà sottoscrive il Manifesto della Pittura murale di Sironi (1933), eseguendo nello stesso anno gli affreschi per la V Triennale di Milano (perduti), seguiti dalle decorazioni per il Palazzo di Giustizia (1938). Gli ultimi anni della sua attività sono contrassegnati da importanti riconoscimenti ufficiali: nel 1941 gli viene assegnata la cattedra di pittura all'Accademia di Brera e nel 1962 si tiene a Milano una importante mostra antologica della sua opera. L'artista si spegne a Milano, dopo una breve malattia polmonare, il 13 aprile 1966.




 
 
 

 


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