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In Italia la tendenza astratta si afferma nel corso degli anni'30, anche se la sua prima apparizione si può scorgere nelle opere e nella pubblicistica dei futuristi. Infatti già Boccioni nel 1910 formula in una lettera per la prima volta l'ipotesi di arte astratta italiana , più decisamente nel Manifesto della Ricostruzione Plastica dell'universo del 1915, Balla e Depero parlano di stile futurista come astrattismo complesso plastico-rumorista .Intorno al 1913 Boccioni tenta di realizzare le proprie ipotesi di resa dinamica ed emozionale dell'immagine in quadri quasi interamente non figurativi; Balla nelle Compenetrazioni iridiscenti del 1912-13 raggiunge il massimo approdo in senso astratto del futurismo. Coeva a queste è l'esperienza di A. Magnelli che,a Parigi, inizia una coerente ricerca non figurativa. A partire dagli anni 20, gli artisti del Secondo futurismo Italiano. Balla, Prampolini, Pannaggi, Depero, Fillia, Oriani, Rosso, ecc., ricercano soluzioni vicine alle tendenze astratte soprattutto nell 'ambito dell 'arredo e della decorazione, mentre la pubblicazione di numerose riviste del movimento contribuise alla diffusione in Italia delle opere degli artisti delle avanguardie astratte.
Ma è soprattutto in Lombardia negli anni'30 che matura la tradizione astratta italiana attraverso due gruppi di artisti operanti a Como e a Milano. A Como,in sintonia con le ricerche razionaliste degli architetti Terragni, Lingeri e Cattaneo, lavorano pittori come Rho e Radice che pervengono a notevoli risultati soprattutto nelle decorazioni di edifici (Casa del Fascio, Como,1934-36). A Milano la Galleria Il Milione (aperta nel 1930 da Gino e Peppino Ghiringhelli e inizialmente diretta da E.Persico),dopo la prima personale astratta di Soldati (1933),presenta nel 1934 una collettiva con opere di Bogliardi, Ghiringhelli e Reggiani che fornisce l'occasione per pubblicare una Dichiarazione degli espositori considerata il primo manifesto dell'astrattismo italiano. A queste due seguono una serie di mostre di Licini, Soldati, Veronesi, Melottimelotti . Il Milione diventa in breve il centro delle esperienze astratte italiane, che procedono sulla linea di ricerca del Bauhaus e del costruttivismo russo. In quest ambito non è possibile assimilare in un movimento unitario tutti gli artisti poichè alcuni si avvicinano alle tendenze di tipo espressionista che prendono spunto da Kandinsky e Klee (il caso di Licini, Fontana, Melotti),altri al rigore geometrico e alla semplificazione formale più razionale,tipica di Mondrian e del razionalismo in genere (Reggiani, Soldati, Radice). E' ovvio che la conoscenza delle opere degli astrattisti europei agisce da forte stimolo su questi artisti: i viaggi,la circolazione di riviste straniere, le mostre organizzate al Milione (nel 1934 espongono Kandinsky, Vordenberge-Gildewart e Albers) favoriscono questi contatti. La generale aspirazione a realizzare un arte intesa come simbolo di un nuovo ordine e di una nuova razionalità senza fini illustrativi e cronachistici teorizzata da Carlo Belli (uno dei fondatori del Milione),autore nel 1935 di KN ,il primo testo teorico sull'astrattismo italiano. Intanto gli artisti operanti nell'ambito di questa tendenza trovano sempre maggiore spazio in seno alle manifestazioni della cultura ufficiale (partecipano infatti alle quadriennali del 1935 e del 1939) e sullo scorcio del decennio riescono a superare la polemica esistenzialista che li oppone agli espressionisti di Corrente.
Dopo il 1945 la questione dell'astrattismo si viene a porre come questione centrale dell'arte contemporanea diventando, in breve, una componente che si oppone al discorso antitetico del realismo. Dalla fondazione del Fronte Nuovo delle Arti (Venezia 1946) alla polemica suscitata dalla mostra all'alleanza della Cultura di Bologna (1948) attraverso il manifesto di Forma 1 (Roma 1947), è un susseguirsi di eventi in cui l'alternativa astratto-figurativo travalica la questione puramente formale ed estetica e investe il problema più vasto dei rapporti tra arte e società e arte e politica. Intanto la fondazione a Roma dell'art Club (1945), guidata da Prampolini e indirizzata tanto sul fronte della divulgazione che della formazione dei giovani astrattisti romani, e la grande mostra Arte astratta e concreta, allestita a Milano nelle sale di Palazzo Reale (1947-48), sono le tappe fondamentali per l'articolazione della poetica astratta che risulta ancora in questa fase fortemente legata alle esperienze geometrico razionaliste degli anni '30. L'art Club nel 1948 organizza la mostra Arte astratta in Italia (Roma, Galleria di Roma) dove espongono insieme ad alcuni maestri degli anni'30 giovani astrattisti romani che andavano riscoprendo e rivalutando il futurismo. In parallelo a questi avvenimenti la capillare estensione della tendenza astratta in Italia è testimoniata dalla fondazione di numerosi gruppi operanti in diverse città (Gruppo 7 a La Spezia; Manifesto dell'astrattismo classico redatto a Firenze nel 1950) e dalla ripresa a Milano, con l'appoggio del critico Gillo Dorfles, del gruppo astratto tramite la fondazione del Mac, che estende ben presto la sua influenza a diverse città italiane. Sul piano critico,mentre si moltiplicano gli interventi, a vari livelli, sulla polemica astratto-figurativo, Lionello Venturi nel presentare alla Biennale di Venezia del 1952 il Gruppo degli Otto parla di astratto-concreto, indicando così il superamento dell'estetica di origine neoplastica.
Sullo scorcio del decennio, particolarmente significative sono le esperienze degli spazialisti a Milano (manifesto 1948), mentre a Roma viene fondato il Gruppo Origine (1950) formato da Capogrossi, Ballocco, Burri e Cagli. Questi ultimi pervengono singolarmente a soluzioni affatto originali per l' arte astratta, aprendo la porta alle ricerche informali degli anni'50.
NOTE ED APPROFONDIMENTI Ragionamenti d'astratto. Flaminio Gualdonì E' alla fine del decennio Venti che, in un' Italia certo non cosmopolita, ma assai meno autarchica di quanto gli stereotipi ci tramandino, prende avvio una curiosità non episodica per le esperienze astratte che da tempo circolano in Europa. Cosa significa l' astrazione per la compagine di giovani che, nel cuore degli anni Trenta, tra Milano e Como elaborano le prime prove di un' arte non oggettiva, in relazione profonda con il dibattito internazionale? Significa, all’ apparenza, una deroga primaria dalla clausola referenziale- descrittiva , narrativa- in nome di una formatività altra dell’ immagine, di cui la geometria sia materiale costruttivo autorevole, in odore di decorazione. Ciò, d'altronde, leggono in primo luogo le "numerose contrapposizioni polemiche del tempo, a cominciare dalla storica diatriba Carrà - Licini. In realtà, è assai più, e con premesse e motivazioni di cui si poté presto avere contezza. Alla radice di esperienze come quella di Mauro Reggiani, ad esempio, si avverte "nitida l’ ideologia del costruttore" che, per mediazione cubista, e non poi cosi dssimilmente dalle prove di Un Sironi o del Severini maturo, intende l'opera come fondazione d'una realtà non solo razionalmente ripensabile, ma anche concretamente, plasticamente effettiva: che rinnova, anche, un’ identità, storica rimontante al fresco medievale (e in Mario Radice, anche in quello delle prove ultime, non va trascurata una precisa filigrana mistica, che lo porta a prove d'affresco importanti e non conettualmente differenti dal quadro), quella del monumentum visivo, è, se si passi il paradosso, un "figurare geometrico", gioiosamente rigoroso, scrutinante, e insieme capace d'una corporeità sua propria, tulla pittorica, ritenuta come ineludibile. Non oggettiva negli enunciati, questa pittura diviene allora altrimenti oggettiva nella consistenza strutturale e percettiva dell'opera. Diversamente orientata è, all'interno del medesimo orizzonte problematico, la posizione di un Manlio Rho. La sua ascendenza neoplastica, la sua tensione a una semplificazione formalmente ed eticameme lucida della forma, assume un'idea di razionalismo, come approccio illuministicamente "moderno" al mondo: idea che in Luigi Veronesi si carica anche di curiosità sperimentali (si pensi al suo operare con la fotografia, al suo ripensare i modi della pittura nel cuore degli anni Cinquanta), e in Bruno Munari, erede di futurismi, dstillati, di giocosa, ironica deriva tecnica, in contrapposizione alla liturgia artigianale prevalente. Importante, per tali artisti, è la sistematica processuale, la procedura formalmente motivata di costruzione dell' opera: che è, a quelle date, un "contro lo stile" meno appariscente ma non meno incoercibile, di quello che verrà proclamato dai loro successori, Castellani e Manzoni in testa. La connotazione prevalente nell' opera un Atanasio Soldati è d' altronde al di là d'una più immediata enunciazione neoplastica, un intreccio di motivi neopitagorici e di attrazioni metafisiche, sulla chiave di Vordemberge - Gildewart, in una sorta di visibilizzazione per analogia linguisticamente fondata dell'ineffabile realtà altra, con voglie di perfezione. Se nel suo caso si puo' dire con buona ragione di "astrazione mediterranea", di una congiuntura astratto surreale che Abstraction-Création rivela a partire dal decennio Trenta ci dice il percorso di Enrico Prampolini. Eccellente figura carismatica dell'ascendenza fururista (come è peraltro Giovanni Korompay, dall' aeropittura convertitosi del dopoguerra a una astrazione lirica e luministica di paesaggio), e della fascinazione surreale che si risolve in andamenti biomorfi, egli è maestro tanto di sperimentazione quanto di scrutinio problematico del fare: sarà suo quell' enunciato polimaterico dal quale muove una parte importante della generazione dei dopoguerra, a cominciare dal gruppo Origine. Si tratta, dunque, di vocazioni, opzioni e orientamenti differenti, talora ,radicalmente diversi, la cui congruenza s'impone vuoi per affinità di strumento formale adottato, vuoi, e soprattutto, per la tensione a conciliare uno spirito generale di modernità comunemente condiviso con una reinterpretazione non banale dell'identità storica e culturale dalla quale si son prese le mosse. Di tale relativa variabilita' d'accezione dell'opzione astratta, cospicua negli esiti espressivi forse proprio in ragione della labililà del quadro ideologico di riferimento (la compagine degli artisti d' anteguerra, produce più poeti che teorici, tra gli artisti : e tra gli stessi critici commilitanti, se figura d'assoluto spicco vi è Carlo Belli), risente a ben vedere anche la cultura dell'immediato dopoguerra. Quando, nel 1947, la prima grande mostra astratta milanese tenta di saldare più stabilmente contesto nostrano e orizzonte internazionale, molte delle premesse - oltre che delle figure - su cui poggia provengono dall' esperienza degli anni Trenta: dalla forte connessione con la riflessione architettonica al riferimento primario all'area mitteleuropea (sono, va ricordato, personaggi come Ettore Sottsass jr. e Max Billi gli artefici della ripresa del dibattito), da un generale modernismo prevalente su più stringenti ortodossie !inguistiche a una retorica polemica che ha per obiettivo, ancora, le troppe sopravvivenze ottocentesche di cui la cultura italiana tarda a liberarsi. La stessa incubazione del M.A.C. , Movimemo arte concreta, presenta sintomi del medesimo ordine. Ovvia vi è l'assunzione di maestri più mamri come simboli d'una scelta di campo - da Soldati a Fontana a Munari a Reggiani - tanto quanto evidente vi è la larghezza ideologica del proselitismo, in cui ai Gianni Monnet e ai Gillo Dorfles si affiancano tra i giovani, alcuni di coloro che diverranno poi protagonisti della complessa vicenda autre milanese, a cominciare da Roberto Crippa, quasi musicale a quel tempo nel giocare cadenze grafiche e zonature timbriche di deliberato effetto, oppure che saggiano declinazioni diverse, libere e liriche del geometrico, come Enrico Bordoni. Nucleo formidabile è, in tale orizzonte, quello allineante Malio Nigro, Gianni Bertini, Ferdinando Chevrier (i quali, tutti, prendono qui avvio da un "pensare astratto" che ne deciderà le stagioni successive, anche quando lontanissime negli esiti), per dire dell'epicentro toscano, fatto ricco e non marginale dal dibattito maturante tra concretisti sensu scricto e "astrattisti classici", come un Gualtiero Nativi, ovvero, portatori d'esperienze, ancorché non oggettive, assai differenti: tra le quali cresce con più esplicito penchant surreale, Gian Carozzi, destinato a ricongiungersi a Crippa nella compagine spaziale milanese. Ancora i maestri tengono il campo: per non dir di Fontana, Reggiani con una evoluzione di impianto formale di non cautelata apertura, e soprattutto Munari, avviato alla più geniale, fervida, libera, problematicame strepitosa stagione del suo lunghissimo corso. Non più " italianissima e modernissima ", come recitava una delle parole d' ordine più fortunate d'anteguerra, ora tale area si pensa come cosmopolita e modernissima: e nuovamente stabilita in negativo od "ad excludendum" disegnata così da connettere le ancor sparpagliate forze culturali che di visività essenziale, di arte totale, eccetera, sappiano ragIonare nonostante le strepitose carenze informative sulle quali si tenta di costruire. Ove si conside che, ancora negli anni Cinquanta, in talune accademie nostrane, Brera in testa, si parla di impressionismo come d'una vicenda circoscritta storicamente e portatrice di cattiva pittura; che il cubismo di cui si discorre è prevalentemente una mitologia etico-stilistica esemplata su Guernica; che di dada e surrealismo si hanno nozioni vaghe e spesso errate; che lo stesso futurismo è pressocché cancellato dalla coscienza culturale nostrana: ove, dunque, ciò si consideri si potrà ben valutare che la scelta di campo astratta valga, primariamente e con forza dirompente, come scelta di campo in favore della modernità la cui tensione etica, ai limiti del volontarismo, è di gran lunga prevalente su ogni appropriatezza teorica, e che ai suoi interpreti si chiede non ortodossia stilistica, bensi un più sostanziale engagement. D'altronde, se si accoglie tale prospettiva di lettura altri ambigui dati storici assumono maggior chiarezza.
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