|
|
FOTO PRESENTI 8 |
|
Il mito a colori
CHARLES -HENRI JOSEPH CORDIER GIOVANE EBREA DI ALGERI,
Onice, bronzo, smalto e pietre preziose,1862
|
Il mito a colori
CHARLES SIMART 1846-55AVORIO
, marmo e bronzo Chateau de dampere
|
Il mito a colori
LA PARETE DI ORFEO NELLA SALA DI MUSICA DELLA VILLA STUCK
a Monaco di Baviera
|
Il mito a colori
MARCELLO BANCA CAPPELLO 1863,
bronzo, coll. Lucille Audyou, Parigi
|
Il mito a colori
FERNAND KHNOPFF 1897,
gesso dipinto 18,5x28x6,5 , Kunsthalle, Amburgo
|
Il mito a colori
EMANUELLE FREMIET 1878.
Pietra , smalto , Galerie Elstir, Parigi.
|
Il mito a colori
ALMA-TADEMA, FIDIA E E IL FREGIO DEL PARTENONE
, 1868, Birmingham museum and Art gallery
|
Il mito a colori
ANTON LOUIS, BARYE 1831,BRONZO,
Museo Van Gogh Amsterdam
|
|
|
|
Ad un certo punto dell'Ottocento l'Europa si stufa della donna bianca e di tutte le sue pompose rappresentazioni a cominciare dalle statue diafane con l'incarnato color magnolia. All'improvviso vengono in uggia Michelangelo e Canova, Rodin e Hildebrand. Qualcuno farebbe volentieri un falò di tutte le sculture rinascimentali, neoclassiche e persino contemporanee, che ghiacciano palazzi e chiese. "Colore e calore" invocano i più fanatici con l'aria insofferente di chi vuole aprire la finestra per fare entrare aria nuova e sole in un museo esangue. Ma chi sono costoro e perché hanno maturato un'idea tanto insolita? Si tratta perlopiù di artisti venuti dal freddo, dalle nebbie e dalle nevi del nordeuropa. Qualcuno di loro è stato baciato in fronte da un viaggio al Sud, che altri meno fortunati si limitano a vagheggiare protetti dal caldo stantio delle biblioteche. Nel 1850 lo svizzero di Basilea Arnold Bócklin si trasferisce a Roma dove si ubriaca di luce lungo la via Flaminia e l'Appia antica, sposa persino un'italiana, Angela, che gli tiene in ordine la vita e la biancheria. Dipinge come un indemoniato ninfe e centauri, Fan e Siringa, Sileno e Fauno. Nel 1863 si eccita mentre portano alla luce la statua dell'Augusto di Prima Porta ancora ricoperta della sua coloritura originale. Di lì a poco resterà incantato di frante agli affreschi di Pompei. S'imbeve gli occhi di quel rosso sangue che sarà una delle componenti della sua pittura dionosidiaca. "Gli antichi non facevano l'antico ma trovavano se stessi nella natura, ama ripetere. E vuol dire: guardiamoci attorno e riproduciamo la realtà con tutti i suoi colori." Comincia a ricercare antichi rìcettari dimenticati, a osservare i materiali analizzando gli strati di pigmento e i collanti. Sperimenta la colorazione della cera. Intanto gli archeologi tedeschi si danno da fare a dissotterrare statue. Un benemerito lavoro di tombaroli che conferma quel che già si sospettava : gli scultori dell'antica Roma e della Grecia ellenistica non hanno mai lesinato nel tinteggio delle loro opere. Di fronte a tale affermazione molti cambiano strada. Verso la fine del secolo, il pittore ed incisore Max Klinger, tedesco di Lipsia, rinnega tutto l'apparato concettuale sulla purezza neoclassica partorito dal suo connazionale Johann Joachim Winckelmann, storico dell'arte e prefetto delle antichità nella Città Eterna con beneplacito della Curia. Klinger pretende di riformare la scultura con "entusiasmo del neofita." S'inerpica per le cave di mezza Europa alla ricerca di marmi colorati: vuole restituire alle sue statue gli occhi d'ambra che piacevano agli antichi. Con l'aiuto del fratello sperimenta gli effetti della chimica moderna sulle vene dei marmi. Molti altri artisti seguono Klinger e Bòcklin: il Simbolista belga Fernand Khnopff, il reboante francese Emmanuel Frémiet, l'olandese Lawrens Alma-Tadema. Sono neogotici, preraffaelliti o tardoromantici ma accomunati da una stessa parola d'ordine: tornare all'antico, ma a quello vero, a tinte forti. Non erano variopinte solo le statue dei greci e dei romani, ma anche quelle di egizi e Aztechi, Incas e Africani, Indiani e Cinesi, degli artisti della Mesopotamia e dell'Oceania. Tanti ispiratori e tutti in technicolor. D'altra parte, la società asseconda il delirio cromatico. Le Compagnie delle Indie importano manufatti dai colori abbacinanti e le donne, non solo quelle della buona società, riscoprono il piacere di incipriarsi. Nel 1889, l'anno della Tour Eiffel, Aìmé Guerlain lancia quello che viene definito il primo profumo moderno, mentre l'anno successivo, sempre a Parigi, Madame Lucas fonda il primo istituto di bellezza. Alle signore donano le guance con il belletto. Cosi come i colori donano alle statue degli artisti che rinnegarono le regine delle nevi per corteggiare le regine di Saba.
|