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FOTO PRESENTI 9 |
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Rapporto tra l'uomo e la natura nei pittori dell'800
PIACENZA,CARLO IL RACCOLTO DELLA BIADA A GROSCAVALLO
olio su tela 157x81
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Rapporto tra l'uomo e la natura nei pittori dell'800
DELLEANI LORENZO LA VENDEMMIA
1887. Olio su tavola (Galleria Aversa, Torino).
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Rapporto tra l'uomo e la natura nei pittori dell'800
GAMBOGI RAFFAELE RITORNO DAI CAMPI IN BANDITELLA
di
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Rapporto tra l'uomo e la natura nei pittori dell'800
PALIZZI FILIPPO IL PROFUMO DELL'ERBA
olio su tela 51x38
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Rapporto tra l'uomo e la natura nei pittori dell'800
RONTINI (FERRUCCIO LA CONTRATURA
Firenze 1893-Livorno 1964). Olio su tavola; cm 180 x 90 (Galleria Athena, Livorno). Rontini fu uno degli esponenti del "Gruppo labronico", gli artisti che ai primi del Novecento in Toscana colsero l'eredità culturale degli ultimi macchiaioli.
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Rapporto tra l'uomo e la natura nei pittori dell'800
LLOYD, LLEWEYN LE GRAMIGNAIE
dolio su tela 100x49
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Rapporto tra l'uomo e la natura nei pittori dell'800
TOMMASI .ANGIOLO VEDUTA SUL LAGO DI MASSACIUCCOLI
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Rapporto tra l'uomo e la natura nei pittori dell'800
BANTI CATTIVO INCONTRO
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Rapporto tra l'uomo e la natura nei pittori dell'800
BELIMBAU RAGAZZI IN GIARDINO
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Non soltanto i fondi paesistici scompaiono, con l'Ottocento, ma anche le vedute limpidamente fissate dai pennelli del Canaletto e del Vanvitelli, e quella stessa, romanticamente evocata, tra Europa e Asia, da Carlo Bossoli: tutte hanno ceduto il passo alle impressioni coloristi-che e sentimentali di intere generazioni di pittori particolarmente legati alla realtà. Nei loro dipinti si prese a celebrare la bellezza cromatica dei luoghi e dei giorni, le albe e i tramonti, le stagioni. E queste non più per farne delle emblematiche serie decorative, per salotti e so-prapporte, ma anch'esse espressione di una autentica esperienza umana, legata alla natura, alla terra. I pittori di paese dell'Ottocento, con i loro seggiolini, la cassetta portastudi e persino l'ombrello parasole, battono la campagna per dipingerla "dal vero", fissano le immagini della montagna, le marine, il paesaggio fluviale, ma accanto a chi indugia sul pittoresco e sul colore sotto il variare della luce c'è chi intende la natura più direttamente nel suo rapporto con l'uomo che, dopo averla a volte ridisegnata aprendovi strade e impiantandovi le sue coltivazioni, ha preso - giorno per giorno, di stagione in stagione - a coltivarla, dando vita a riti che dall'antichità a noi non hanno fatto altro che rinnovarsi, festeggiando Bacco e Dionysos come an-cor oggi si fa celebrando la vendemmia come una festa. Al dio delle messi, come al Padre Eterno dei cristiani, implorando la bontà del raccolto con le rogazioni. L'avevano già fatto, in fondo, gli antichi nelle loro figurazioni dei giorni e delle opere dell'uomo, nei temi decorativi dei portali delle antiche cattedrali come nei capitelli dei chiostri, prestandosi molto bene i temi naturalistici del lavoro agricolo a scandire i tempi della vita, con le sue analogie, l'Alfa e l'Omega.
L'Ottocento mise quasi un accento sulle immagini di questo mondo di cui è protagonista il contadino, ritratto mentre semina, o guida l'aratro, intento a zappare, per fare della fienagione, del raccolto delle messi e della vendemmia o del più romantico motivo pastorale e delle sue solitudini, delle immagini corali, sotto alti e vasti orizzonti. Ogni volta gli artisti ne hanno dato poi le loro interpretazioni: nei georgici motivi venati a volte di simbolismo come nelle più aspre note del realismo e del verismo: nel momento mistico di un Angelus con i contadini sui campi come nell'ora del loro Ritorno dai campi, di cui s'è fatto talora un'opera corale.
Va da sé che le immagini di vita campestre si presentano con maggior insistenza nelle regioni dove l'agricoltura ha ruoli preminenti, se non determinanti: tali, in ogni caso, da mantener viva l'attenzione dei pittori per gli ambienti che ritraggono, e che talora conoscono molto bene in quanto vi hanno vissuto i giorni d'una loro infanzia stupita. Ci sono anche tra loro i poeti della montagna e gli stornellatori, gli evocatori di pascoli alpini, di acque scintillanti, di siepi controluce oltre le quali è l'infinito a farsi sentire: di qua, invece, la finitezza del mondo dell'uomo. Un mondo che, tutto sommato, nonostante tanti sforzi si sottrae alla sua volontà.
Ci si accorge allora del valore non più che contingente di certi episodi figurati che possono anche suggerire un titolo, ed è molto se, del quadro, questo ha davvero costituito il pretesto pittorico, ma pur sempre in una autentica prospettiva estetica. Così che non ci si meraviglierà se con il nuovo secolo il paesaggio agricolo, i suoi lavori, i suoi riti cederanno ancora una volta il passo ad altre immagini: altre realtà, altri miti (le città rissose, la velocità, gli spazi interstellari con le mille angosce e i veleni di cui si muore) premendo sulla coscienza degli artisti del nostro tempo.
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