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Quando Munch muore nel 1944 , lascia nella sua casa un ampia documentazione della sua vita ed un enorme quantità di suoi lavori.Tutto questo diviene un lascito per il comune di Oslo e diviene la base per realizzare un museo ed un centro studi. le cifre del lascito : 1000 opere ad olio, 400 dipinti ad acquerello, 6000 volumi e molte lettere, documenti e fotografie.Solo alla fine della seconda guerra mondiale nel 1946 una selezione di opere venne esposta al publico alla Galleria Nazionale di Oslo, in quanto fino allora la Norvegia era occupata dai tedeschi, che avevano dichiarato l'opera di Munch " degenerata " . Nacque quindi l'esigenza di trovare una sede permanente del lascito.Furono incaricati gli architetti Gunnar Fougner e d Elnar Myklebust.I lavori iniziati nel 1960 e nel 1963 venne inaugurata nel centenario della nascita dell'artista.Il Museo ha continuato a raccogliere opere e la collezione delle stampe è salita a 18.000 opere
(Löten 1863-Ekely 1944). Figlio di un medico il cui studio si trovava in un quartiere operaio di Christiania (oggi Oslo), durante l’adolescenza viene profondamente segnato dalla perdita della madre e di una sorella. Nel ’79 entra nella Scuola di arti e mestieri, ma poco dopo decide di dedicarsi alla pittura e nel 1882 allestisce uno studio nel Pultosten, edificio situato nel centro di Christiania dove il pittore naturalista Christian Krohn avviava i giovani artisti sulla strada di un realismo animato da influssi impressionisti, puntualmente riscontrabili nei quadri d’esordio di M (Autoritratto, 1882-83: Oslo, Bymuseum;All’alba, 1883: Oslo, Munchmuseum).
Nel 1885, durante il primo soggiorno a Parigi, si avvicina alle tendenze più aggiornate dell’arte contemporanea e in opere come Bambina malata (1885-86: Oslo, Munchmuseum) da spazio alla forte carica espressiva e alla predilezione per itemi della malattia, della solitudine, della morte che ricorrono lungo tutto l’arco della sua produzione. Grazie ad una borsa di studio, tra il 1889 ed il 1892 può stabilirsi nella capitale francese, dove, pur entrando in contatto con l’opera di Gauguin, adotta una tavolozza impressionista e si dedica al tema del paesaggio(LaSenna a Saint-Cloud, 1890: Oslo, Munchmuseum; Rue de La Fayette, 1891: ivi). Al ritorno a Oslo una sua personale è accolta con molto successo e gli vale l’invito ad esporre al Künstlerverein di Berlino, dove presenta una cinquantina di nuovi dipinti (Visione, 1892: Oslo, Munchmuseum; Ritratto di Strindberg, 1892: Stoccolma, mm). La contrapposizione di campiture monocrome e la sintesi lineare sono gli strumenti linguistici che egli adotta per esprimere una visione profondamente pessimista dell’esistenza,che durante il soggiorno berlinese va radicalizzandosi in seguito all’incontro con Strindberg e alla lettura di Nietzsche. Prende forma in questi mesi il progetto che impegnerà M per un decennio, la realizzazione del Fregio della vita, vasto ciclo di opere attraverso le quali egli intende rappresentare la crescita interiore dell’individuo ed il conflitto insuperabile che oppone il principio maschile a quello femminile. Fanno parte di questa serie quadri come La morte nella stanza della malata (1893: Oslo,Munchmuseum), Madonna (1893-94: ivi), Vampiro (1893-94: Göteborg, mba), che esemplificano le opposte immagini della donna – creatura ora fragile e rassegnata ad un destino di morte, ora trionfante per il risolversi in maternità della sua maturazione sessuale, ora enigmaticamente tesa alla sopraffazione del maschio – tra cui oscilla la sensibilità di M. In Il grido (1893: Oslo, Munchmuseum) e in Angoscia (1894: ivi) il tema della solitudine dell’individuo viene affrontato attraverso l’accentuazione dello scorcio prospettico, l’uso simbolico del colore, la contrapposizione di linee rette e ondulate che rivelano i legami di M con l’Art Nouveau. Un altro frutto del soggiorno berlinese di M, durante il quale lo storico dell’arte Julius Meier-Graefe presenta la sua opera su «Pan», è il suo accostarsi alle tecniche incisorie: a partire dal ’94 l’ammirazione per l’opera di Klinger, di Rops, di Vallotton lo spinge a sperimentare l’acquaforte, la puntasecca, la litografia e, sulle orme di Gauguin, la xilografia in bianco e nero e a colori. La pratica dell’incisione accentua la tendenza al sintetismo già presente nella sua pittura, come documentano le tavole che riprendono le soluzioni iconografiche e compositive dei dipinti, andandosi ad aggiungere alle numerose varianti di questi (Pubertà, litografia, 1894, Bambina malata, litografia a colori, 1896; Angoscia, 1896, Malinconia I, 1896, Il bacio, 1897- 99, Incontro nello spazio, 1899, xilografie a colori). Tra il ’96 e il ’98 è spesso a Parigi, dove espone al Salon des Indépendants Danza della vita (Oslo, Munchmuseum), opera cardine del Fregio in cui sono accostati i differenti volti della personalità femminile. Dopo un viaggio a Roma, nel ’99 realizza con Metabolismo (Oslo, Munchmuseum) la conclusione monumentale del Fregio, ricorrendo al mito della nascita di Adone per affrontare il tema del rapporto uomo-donna da un punto di vista sovraindividuale. Nel 1902 il Fregio viene esposto alla mostra della secessione berlinese, influenzando profondamente gli sviluppi della pittura tedesca dell’inizio del secolo ed in particolare i futuri esponenti del gruppo espressionista Die Brücke. Il profondo disagio esistenziale che opprime M nei primi anni del secolo trapela in opere ambientate in spazi chiusi come Gelosia (1907: Oslo, Munchmuseum) e La sorpresa (1907: ivi) e sfocia nel 1908 in un crollo psichico che lo costringe alla degenza in una casa di cura danese e successivamente al ritorno in patria. Nel 1909, nonostante forti opposizioni, si aggiudica il concorso per la decorazione dell’Aula Magna dell’Università di Oslo e lavora fino al 1916 per realizzare un ciclo di affreschi insieme simbolici e naturalistici (Alma Mater, Il sole, La montagna degli uomini), la cui impronta realistica si ripresenta in opere di soggetto umanitario (Operai che tornano a casa, 1912: Oslo, Munchmuseum). Nel 1916 si stabilisce definitivamente ad Ekely e nei decenni successivi continua a dedicarsi alla pittura, realizzando numerosi paesaggi (Notte di stelle, 1923-24: ivi) e fissando la propria immagine in una serie di autoritratti che documentano fino all’ultimo con obiettività, e spesso al di fuori di ogni controllo formale e compositivo, l’avanzare della decadenza fisica e l’accentuarsi della solitudine (Vagabondo notturno, 1939: Oslo, Munchmuseum; Tra il letto e l’orologio, 1940-42: ivi). Dopo l’invasione nazista evita ogni rapporto con occupanti e collaborazionisti e lascia per testamento tutte le sue opere alla città di Oslo, che le conserva nel museo dedicato al suo nome.-
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