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FOTO PRESENTI 8 |
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Maria de' Medici
AMBITO DI SANTI E TIBERIO TITI,"RITRATTO DI MARIA DE'MEDICI"
(già attribuito a Scipione Pulzone)
Arezzo, Museo Casa Vasari (in deposito dalle Gallerie Fiorentine)
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Maria de' Medici
COSTANTINO DE SERVI"CRISTINA DI LORENA GRANDUCHESSA DI TOSCANA"
Firenze, Galleria degli Uffizi
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Maria de' Medici
ATTRIBUITO A PIETER PAUL RUBENS "LO SBARCO DI MARIA DE' MEDICI A MARSIGLIA
"Lo sbarco di Maria de' Medici a Marsiglia accompagnata da Cristina di Lorena granduchessa di Toscana, Vincenzo ed Eleonora Gonzaga duchi di Mantova e di Don Giovanni de' Medici, accolti dalle personificazioni della Francia e della città di Marsiglia e celebrati dalla Fama"
Collezione privata
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Maria de' Medici
BAGLIONE GIOVANNI APOLLO
Arras, Musée du Beaux Arts, Dep. del Louvre
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Maria de' Medici
FRANS POURBUS"IL GIOVANE, LUIGI XIII A DIECI ANNI"
Firenze, Galleria Palatina
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Maria de' Medici
RUBENS PETER PAUL LE NOZZE DI ENRICO E MARIA A LIONE
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Maria de' Medici
RUBENS PETER PAUL L'EDUCAZIONE DI MARIA DE'MEDICI
1622-25 Parigi, Louvre
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Maria de' Medici
JACOPO DA EMPOLI LE NOZZE PER PROCURA DI MARIA A FIRENZE
1624-27 Broom Hall, Coll.Lord Elgin
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Firenze - Maria de’ Medici, la principessa fiorentina salita nel 1600 su uno dei troni più gloriosi e travagliati d’Europa, quello di Francia, torna per la prima volta a Firenze per prendersi la rivincita. Contro quella storia e quella cronaca che dettate dal suo amato-odiato vincitore, il cardinale Richelieu, l’hanno in pratica cancellata dalla storiografia. O ne hanno fatto sopravvivere solo la battuta di una delle tante amanti del marito Enrico IV di Borbone ("La grassa banchiera" riferita alle sue misure e alla dote smisurata portata alle casse del re che ad ogni modo continuava ad essere gran debitore dei Medici), o l’accusa di mancanza di senso dello Stato, la fama di perfezionista di intrighi (da reggente dopo la morte di Enrico, contro il suo stesso promogenito Luigi XIII, a favore del secondo figlio), di favoritismi (per i suoi fiorentini innalzati al vertice della monarchia), di alleanze e matrimoni con il papa e la Spagna contro gli umori e gli interessi della Francia. E poi priva di gusto, ma avida di lusso, di gioielli (perle soprattutto). Una rivincita, meglio una "rivisitazione critica" cominciata a Parigi nel 2000, con il titolo di un convegno di studio organizzato al "Collège de France" da Marc Fumaroli, "Il secolo di Maria de’ Medici", e resa manifesta nel 2003-2004 al grande pubblico con la mostra "Maria de’ Medici. Il governo delle arti" nel castello di Blois, uno dei luoghi in cui venne confinata Maria dopo la prima perdita del potere che non la domò. E la mostra che con gli opportuni ampliamenti e con il titolo, "Maria de’ Medici una principessa fiorentina sul trono di Francia", è arrivata a Firenze, a Palazzo Pitti, Museo degli Argenti (dal 19 marzo al 4 settembre). Curatori Caterina Caneva e Francesco Solinas (catalogo Sillabe
Solo una "grassa banchiera" la principessa cresciuta a Firenze nella corte all’ avanguardia in Europa dal punto di vista artistico e culturale, del collezionismo, delle botteghe artigiane, delle arti decorative, delle ville e dei giardini? Aspetti tanto più curati e sviluppati per dare prestigio e visibilità ad una entità politica trascurabile come il granducato di Toscana, insomma le "arti e il mecenatismo come supporto all’ affermazione e alla politica della propria casata". E in Francia a supporto della monarchia uscita traballante dalle lotte civili fra cattolici e protestanti; a supporto del trono ancora più incerto di Luigi XIII dopo l’assassinio di Enrico nel maggio 1610 ad opera di un fanatico cattolico (che forse non perdonava al re il passato di ugonotto anche se abiurato per salvare la testa coronata, per fargli scontare quel "Parigi val bene una messa"). Quanto alle arti visive Maria trovò a Parigi un panorama abbastanza limitato perché le guerre di religione non avevano certo favorito commissioni, voglia e conoscenze d’arte, un Paese al quale, in generale, "decenni di guerre civili avevano impedito un aggiornamento culturale rispetto al resto d’Europa". Lei, Maria, figlia di quel granduca Francesco I che nel 1571 aveva creato a Palazzo Vecchio lo "Studiolo" ricoperto di opere d’arte, un ambiente che fu un miraggio per le corti europee, e dal 1581 trasformò il loggiato superiore degli Uffizi in museo. Con Ferdinando I, zio di Maria e artefice delle nozze con Enrico IV (e, in buona parte, dello scioglimento papale del precedente matrimonio con la "reine Margot" da cui non ebbe figli), la cultura figurativa sarebbe stata nel senso della riforma cattolica secondo il concilio di Trento, ma le botteghe granducali sarebbero state ancora più potenziate "e organizzate in strutture ufficiali, con la diffusione in Europa dei loro raffinatissimi prodotti al servizio della politica medicea". Nel 1589, l’architetto e scenografo granducale Bernardo Buontalenti crea il primo teatro di corte e cura la regia delle rappresentazioni per festeggiare le nozze di Ferdinando I con Cristina di Lorena. Alessandro Allori, il Cigoli (Ludovico Ciardi), Gregorio Pagani progettano gli apparati per le feste
Questo è l’ambiente raffinato di cui la giovane Maria si alimenta e col quale si apre la mostra. Il primo impatto dei visitatori è con una lunga serie di ritratti (che li accompagna per tutta l’esposizione) tenendo presente che i Medici furono il casato che più utilizzò a livello politico-diplomatico i ritratti di famiglia, inondando le corti d’Europa. Ci sono quelli di Maria dall’infanzia alle nozze, alcuni come nuove proposte, come i ritratti attribuiti a Scipione Pulzone e a Santi di Tito (e bottega) a figura intera in veste di sposa promessa, il viso un po’ cavallino, una mano accanto alla corona su di un tavolo. Spicca "Amore e Psiche" di Jacopo Zucchi , appena restaurato dalla Galleria Borghese, firmato e datato (1589). Sfavillante per la preziosità, la freschezza nel rendere i gioielli, le perle, i fiori sparsi, i fiori di una natura morta, l’iridescenza delle ali di Amore
Poi gli oggetti che facevano impazzire le corti europee quando li ricevevano dai Medici. Per esempio l’ "Allegoria della Prudenza" attribuita al Bronzino, una tavola di 35 per 24 centimetri usata come coperta di specchio con la cornice figurata. Il bellissimo bronzetto alto 46 centimetri di Ercole che soffoca un Anteo sgambettante, della scuola del Giambologna, il più celebre scultore europeo della fine del Cinquecento, al servizio di Francesco I. Una "fiasca a nicchio" in forma di conchiglia, o un centro tavola a forma di galera dalla bottega milanese dei fratelli Saracchi: diaspro, sardonice, cristallo di rocca, perle, rubini, oro, smalti, tutto in 30-40 centimetri. Una coppa a catino con ansa a tritone, in lapislazzuli, attribuita con dubbio al Buontalenti. Come i ritratti, lungo la mostra ci sono mobili di fine Cinquecento, molti dell’ arredo mediceo della reggia. Un tavolo ovale ha il piano di marmo intarsiato con i segni dello zodiaco. Questa mostra ha una preziosità in più, anche se di tipo romantico. Molti degli oggetti e delle opere d’arte esposte sono quelle ammirate da Maria de’ Medici
Anche l’esibizione delle ricchissime stoffe fiorentine aveva un significato politico perché "manifestava la potenza economica della città d’origine della nuova regina" e allora sono esposti splendidi tessuti, abiti e ricami di fine Cinquecento. Come ci ricorda nel catalogo Roberta Orsi Landini, in Francia Maria probabilmente portò un coordinato di zimarra (sopravveste) e sottana confezionato in "tela del indie", cioè cotone stampato e dipinto che in quegli anni è una novità assoluta per l’ abbigliamento in Europa. Nella scelta del guardaroba, ad ogni modo, Maria mantiene "un’ interpretazione tradizionale della regalità come magnificenza. Di seta, d’oro e d’argento è ricoperta non solo la sua persona, ma tutto ciò che l’accompagna e la circonda". Le otto dame, i numerosi "livreati" ed armigeri. La carrozza è tutta tappezzata di velluto rosso ricamato; le galere che da Livorno la portano a Marsiglia sono parate con 688 braccia di teletta d’argento a fondo rosso; le camere sulla galera reale (già capolavoro di carpenteria e di intagli dorati), sono rivestite di tela d’oro, come il letto e le portiere; in tela d’oro e seta gialla con opera a gigli sono i "tendali" da sole sul ponte della nave e sui pennoni le lunghe fiamme e i gagliardetti sono dipinti su tela rossa d’argento
Nell’ottobre 1600 in Santa Maria del Fiore, Maria, 27 anni, sposa per procura Enrico, poco meno di 47 anni. Il re non si può allontanare dalla Francia per prudenza politica e militare. Fra gli invitati Rubens. Eventi teatrali e musicali (fra cui la prima opera interamente cantata), apparati festeggiano le nozze. I gioielli indossati da Maria potevano essere del tipo esposto: pendente con tritone, in oro smaltato, sette rubini, due perle, due diamanti, cinque smeraldi, un enorme granato. Per la mostra è stata restaurata la grande tavola (371 per 257 centimetri) di Alessandro Allori "Le nozze di Cana" in cui i numerosi commensali, fra servi, suonatori e nani, sono descritti nei particolari dell’ abbigliamento, delle fisionomie tanto che fanno pensare a dei ritratti. La sposa potrebbe essere la stessa Maria. La presenza di questo dipinto è una cosa rara perché appartiene alla chiesa fiorentina di Sant’Agata normalmente chiusa. Altra novità, il grande bozzetto attribuito a Rubens (da una collezione privata) sull’arrivo festoso di Maria a Marsiglia. La scena è fra i 24 eventi della vita della regina illustrati da Rubens nella serie di grandi tele per il Palazzo del Lussemburgo e ora al Louvre. Altre nozze regali dei Medici sono raffigurate dall’Empoli (Jacopo Chimenti), da Cristofano Allori All’arrivo di Maria alla corte di Parigi, nel febbraio 1601, le arti francesi non erano certo aggiornate, ma la regina cercò con diplomazia e prudenza (anche nei confronti del marito che non aveva certo la sua profonda cultura) di comunicare i modelli estetici e le novità iconografiche e formali assimilate a Firenze. Nel 1605 Maria aveva acquisito ampio spazio di manovra. Faceva pubblicare poemi in lingua italiana e ordinava le traduzioni francesi di Torquato Tasso invitato a corte (come Giovan Battista Marino). Aveva una personale biblioteca con centinaia di libri (alcuni in esposizione). Maria commissionava dipinti, arazzi, argenterie e gioielli la cui magnificenza stupiva la corte e gli ambasciatori d’Europa. Nell’estate 1606, al seguito di Eleonora Gonzaga, sorella di Maria, giungeva il fiammingo Frans Pourbus il Giovane che meravigliò la corte eseguendo ritratti. Tre anni dopo, Eleonora permetteva al pittore amatissimo di trasferirsi alla corte di Francia dove lavorò fino alla morte nel 1622 rinnovando l’arte del ritratto e fornendo nuovi modelli artistici a molti giovani pittori (Poussin e Suttermans).
Il 13 maggio 1610 Maria viene incoronata a Saint-Dénis, il 14 Enrico è assassinato e Maria diventa reggente in attesa della maggiore età di Luigi XIII. In mostra ci sono opere commissionate da Maria fra la reggenza (1610-1617) e il definitivo allontanamento da Parigi nel 1631. A trionfare sarà Richelieu, prima favorito, poi avversario della Reggente, che metterà a frutto la politica di Maria per attuare il "governo delle arti", uno degli strumenti per consolidare il potere assoluto della monarchia e riportare la Francia fra le grandi potenze d’Europa
Di Pourbus c’è un ritratto siglato, postumo, di Enrico in cui il re appare con il solito sorriso beffardo che ha l’aria di prendersi gioco di tutti. Jacob Bunel non gli fa un grosso servizio a raffigurarlo come Marte che schiaccia nere armature e rossi pennacchi. Oltre a commissionare opere sacre e ritratti a Pourbus, Maria favorì numerosi pittori: Quentin Varin , maestro di Poussin, e autore di pale per chiese e cappelle di palazzo fatte costruire dalla regina; i giovani Laurent de la Hyre e Philippe de Champaigne di cui è esposto "Diana dona a Proci la lancia e il cane da caccia". Attribuito a Justus van Egmont è un grande ovale con l’ "Allegoria del Buon Governo". Fra tanti dipinti due grandi bronzi alti un metro e 60. Sono due prigioni in catene tolti dal piedistallo della statua equeste di Enrico sul Pont-Neuf a Parigi. Autori Pierre Tranqueville e il fiorentino Francesco Bordoni
Maria acquistava opere dei maggiori pittori italiani in linea con le ultime tendenze: Guido Reni, Guercino, l’ Empoli, Jacopo Ligozzi, Giovanni Baglione, Pietro da Cortona. Finanziava viaggi e soggiorni di pittori francesi nelle capitali italiane (Claude Vignon, Simon Vouet pensionnaire a Venezia, a Roma sino al definitivo ritorno a Parigi nel ’27). Molti furono gli artisti italiani invitati a Parigi. Guido Reni che non accettò. Orazio Gentileschi, il grande caravaggesco, eseguì per il nuovo palazzo del Lussemburgo la "Felicità pubblica" , in mostra. Collocato nell’anticamera della regina, il monumentale quadro (268 per 170 centimetri) rappresenta la Fortuna (Maria) avvolta da un manto blu-azzurro, seduta su di una balaustra sotto un cielo di nubi, che guarda verso l’alto. Con la destra regge il Caduceo simbolo di prosperità e pace, e con la sinistra corone e scettri. Risalta il talento di Gentileschi per la descrizione, come la sua "prediletta sciarpa di velo, a strisce d’oro, sul capo e sulle spalle della figura".
Dal 1615 Maria intraprese la maggiore e più costosa impresa monumentale, la costruzione sulla riva sinistra della Senna del nuovo Palais du Luxembourg, ispirato a Pitti. Progettato da Salomon de Brosse fu decorato da artisti come Rubens e de Champaigne, probabilmente anche italiani. Nonostante tutto Maria riuscì a portare a termine la decorazione solo dell’ala Ovest prima di essere bandita nel 1631
Altri grandi ritratti in chiusura fra cui i due di Bartolomé Gonzáles, firmati come "Pintor del Rey" e che raffigurano Filippo IV di Spagna e Anna d’Austria. Ma il sugello non poteva essere altro che di Maria, anche coraggiosa a farsi ritrarre a 58 anni da Van Dyck in un monumentale ritratto intero di 225 per 140 centimetri. La regina è in un gonfio vestito nero dai grandi polsini e colletto bianchi. Uno sfondo con molte nubi anche se dorate e pochi sprazzi di azzurro. Nell’ombra una corona
Maria muore in esilio a Colonia nel luglio 1642, a 69 anni. Nello stesso anno muore Richelieu, a 57 anni. Luigi XIII, soprannominato il Giusto, sopravvive meno di un anno alla madre (muore nel marzo 1643, a 42 anni). I matrimoni delle tre figlie avute da Enrico sono un altro dei capolavori di Maria de’ Medici: Elisabetta sposa Filippo IV di Spagna, Enrichetta Carlo I d’Inghilterra, Cristina Amedeo di Savoia.
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