L'attività ventennale di Zonaro a Costantinopoli, la fortuna che egli ebbe presso la corte ottomana e presso il collezionismo straniero in visita al suo
atelier sulla collina di Pera, si pongono in continuità anche cronologica con l'esperienza del levantino Amadeo Preziosi; ma non si spiegherebbero senza ripercorrere la fortuna di Costantinopoli presso
gli artisti viaggiatori di fine Ottocento, dopo l'edizione illustrata da Biseo del volume di De Amicis.
Si ricordi ad esempio l'itinerario compiuto nel 1884 da Francesco Netti, in compagnia di Edoardo Dalbono e Camillo Miola, al seguito del mecenate Francesco Caravita, principe di Sirignano.
Netti si limitò, durante il viaggio, a riprendere i luoghi toccati dallo yatch Rondine di Sirignano, e in particolare i luoghi del Bosforo come Therapia, dove aveva sede la residenza estiva dell'ambasciatore d'Italia.
Ma, al ritorno a Napoli, inaugurò, con
La Siesta, una serie di opere orientaliste di raffinata qualità, come
Le ricamatrici levantine o
Nell'harem. Si tratta di dipinti di non grande formato, venati dallo stesso 'garbo mediterraneo' che si riscontra, come abbiamo visto, nelle odalische di Domenico Morelli. Di Francesco Netti fu discepolo Carlo Farneti, che si dimostra, in opera come l'Harem, affine all'intimismo di artisti come Edoardo Tofano.
Costantinopoli fu meta privilegiata di altri artisti italiani, negli ultimi decenni dell'Ottocento: vi stabilì, a partire dal 1883, e fino alla morte sopraggiunta nel 1930, il biscegliese Leonardo De Mango, che dopo un'iniziale formazione presso l'Istituto di Belle Arti di Napoli, aveva intrapreso un singolare itinerario mediorientale, risiedendo a lungo in Egitto e in Libano, e di lì recandosi in Cirenaica in anni precoci, rispetto all'avventura colonialista italiana. De Mango fu pittore di piccole tavole di vedute e costumi, souvenir per una borghesia di viaggiatori, reali o virtuali, senza eccessive pretese.
A un pubblico di diplomatici europei, ufficiali dell'esercito ottomano, signore della buona borghesia di Costantinopoli, si rivolse invece l'offerta di Salvatore Valeri, trasferitosi nella capitale ottomana appena ventiquattrenne, in cerca di fortuna presso la neonata Accademia delle Arti, destinata all'aggiornamento in modi occidentali dei linguaggi artistici ormai desueti.
Prevalentemente ritrattista, Valeri diede altresì buona prova di sé in opere come la
Carovana libica, che colpì particolarmente l'attenzione di critici come Adolphe Thalasso, in visita nel suo studio di Costantinopoli. Ma l'
atelier che più di tutti attirava l'attenzione di critici e turisti era quello installato da Fausto Zonaro sulla collina di Pera, grazie alla munifica concessione del sultano Abdul Hamid II, che lo aveva nominato pittore di corte nel 1896: Zonaro stesso raccontava che il sultano era rimasto particolarmente colpito dall'aver osservato (in incognito) l'artista che dipingeva
La carica del reggimento di Cavalleria Ertogrul sul ponte di Karakoy. A Zonaro, Abdul Hamid affidò la redazione di una serie di dipinti con episodi aulici della storia dell'impero ottomano, tratti in particolare dalla biografia di condottiero di Maometto II.
Le opere sono presso il palazzo imperiale di Dolmabahçe a Istanbul, e testimoniano nell'artista una certa freschezza di visione, ma non certo una robusta preparazione come pittore di storia.
Più proporzionati agli eventi sono i dipinti dedicati alla cronaca di vita contemporanea, in quelli che furono gli ultimi giorni del grande impero ottomano: si pensi a
Janghen Var! (il grido di richiamo dei pompieri alla folla, mentre di gran corsa si recavano a spegnere uno dei tanti incendi dei quartieri di legno della città vecchia), o al
X Muharram (il giorno del calendario islamico in cui cade l'anniversario dell'eccidio di Alì e dei suoi seguaci, e dunque la data d'inizio della scissione, religiosa e politica, tra sciiti e sunniti).
Tutto è ritratto con la drammaticità consentita a un osservatore esterno, mentre i toni più soffusi della cronaca sono quelli dei bozzetti di vita quotidiana, come i
Barbieri all'aria aperta, macchiati con immediatezza. Uno dei momenti più significativi della biografia di Zonaro a Costantinopoli fu quello in cui gli fu commissionata una serie di ritratti delle spose del sultano, che risiedevano nell'harem di Yildiz.
Non era possibile all'artista l'accesso a questo moderno serraglio, né tantomeno tenere in posa, per lunghi giorni, ognuna di queste signore. E allora il compito fu affidato alla moglie, Elisa Pante, sua allieva di pittura in Veneto e compagna di avventure in Oriente.
Elisa si recò a prendere lezioni di fotografia a Parigi, e, di ritorno, divenne ritrattista e ottima fotografa di dipinti, per conto del marito.
Zonaro