Due grandi scuole della pittura dell'Ottocento, Romantici e Macchiaioli, vengono presentate attraverso il gusto critico di una guida d'eccezione: Giuseppe Mazzini (Genova 1805 - Pisa 1872).
Mazzini, uomo di profonda cultura, fu sempre persuaso che per creare una vera nazione, oltre che rinnovare la società e le coscienze, fosse necessario unire anche culturalmente la penisola. Era convinto che in questo grandioso disegno l'arte potesse svolgere un ruolo fondamentale; soprattutto la grande pittura che era sempre stata un vanto e un forte motivo di identità storica per gli italiani.
Nel suo bellissimo saggio, La peinture moderne en Italie, pubblicato a Londra nel 1841 identifica nel Romanticismo il movimento che ha saputo dare espressione agli ideali del secolo, diventando quell'arte nazionale e popolare interprete dei cambiamenti che stavano sconvolgendo in tutto il mondo la politica e la società. Un'arte che si faceva interprete delle aspirazioni del popolo avviato a conquistare la ribalta della storia. La mostra, per ricordare in modo originale il bicentenario della nascita di Mazzini, presenta i capolavori dei protagonisti del Romanticismo Italiano quali Canova, Appiani, Hayez, Luigi, Camuccini, Francesco e Giuseppe Sabatelli, Giuseppe Bezzuoli, Pelagio Palagi, Massimo d'Azeglio, Giuseppe Molteni, Giovanni Migliara, e molti altri, dando rilievo soprattutto alle opere che egli ha conosciuto e di cui ha saputo scrivere in maniera straordinaria. La presenza di dipinti significativi di Paul Delaroche o Paul Scheffer conferisce il giusto rilievo a pittori allora molto famosi in tutta Europa e particolarmente amati in Italia. L'allestimento intende sottolineare lo stretto rapporto che ricollega il pensiero e i giudizi sull'arte di Mazzini con le opere esposte. Egli infatti rievoca, attraverso i dipinti degli artisti da lui prediletti, in particolare quelli di Hayez, gli eventi salienti della storia dell'umanità che furono espressione di uno spirito collettivo: dalle Crociate, alla lotta per l'indipendenza della Grecia contro l'oppressione turca, alle rivoluzioni divampate nel 1830 a Parigi e nel 1848 in tutta Europa. La gloriosa e drammatica vicenda della Repubblica romana (1848-1849), di cui Mazzini insieme a Garibaldi è stato il grande protagonista, è adeguatamente evocata, nelle due sezioni collocate al centro della mostra, da dipinti di particolare fascino. Da un lato vaste tele allegoriche che riflettono il suo pensiero sul destino dell'Italia e sulla sua missione, come faro di civiltà, nel mondo. Dall'altro, in un suggestivo contrasto i piccoli, ma bellissimi, dipinti dei pittori-soldati, come Gerolamo Induno, o Federico Faruffini, che erano presenti a quegli eventi eroici, e che hanno raffigurato, in maniera commovente, Roma devastata dalla guerra.
La fine di quella grandiosa utopia segna la partenza per la seconda parte della mostra, completamente diversa dalla prima per tipo di opere, contenuti e allestimento. Sono qui esposti i dipinti dei Macchiaioli, pittori rivoluzionari ispirati ai principi democratici e repubblicani mazziniani che volevano gettare, attraverso un'arte assolutamente diversa, le basi di una società nuova. Elaborarono, quindi, una pittura alternativa rispetto a quella romantica dove il messaggio veniva affidato non più ai procedimenti narrativi o ad espedienti melodrammatici, ma alle forme e al colore, come poi negli Impressionisti. I capolavori di Fattori, Signorini, Abbati, Borrani, Cecioni e Lega documentano l'influenza del pensiero e degli ideali mazziniani in questi artisti che hanno cambiato il nostro modo di vedere.
Fattori giovanni Garibaldi a Palermo