Il "Fauvisme" italiano di Adriana Pincherle
Il termine coniato dal critico francese L.Vauxcelles, all’inizio del secolo, per definire la "selvaggia" violenza espressiva del colore in Matisse, Vlaminck, Derain, Marquet, Braque ed altri, le cui opere avevano scandalizzato la critica parigina al Salon d’Automne del 1905, ben si attaglia anche alla ricerca di Adriana Pincherle che, dagli anni dell’immediato dopoguerra, accoglie con entusiastica adesione le suggestioni
fauve.
Opere come
Fiori di pesco con gatto, del 1948, si sviluppano con accenti decisamente matissiani e, anche se negli anni successivi, l’artista si spingerà fino alle soglie del simbolismo, oppure si abbandonerà al piacere di pennellate impressioniste, la sostanza della sua pittura rimarrà sempre l’accesa tavolozza
fauve, talora spinta fino ad estremi espressionistici, come nel caso del ritratto di
Jorge Guillén (1967), dal livido incarnato verde, vero e proprio contrappunto ad un altro e del tutto diverso ritratto, quello di suo marito
Onofrio Martinelli (1968) - anch’egli pittore e fondatore del gruppo toscano Nuovo Umanesimo (1947) - descritto dal pennello della moglie con un’ottica certamente più naturalistica di quanto la pittrice non fosse usa fare.
A differenza del marito, che attraverso il colore cercava di riprodurre l’oggettività della forma, infatti, la Pincherle utilizza la forma per restituire la sostanza del colore e far si che, così, esso raggiungesse la sua massima manifestazione, anche in dipinti dalla tendenza maggiormente naturalistica o che miravano a rendere con maggior intensità situazioni atmosferiche.
E’ proprio in virtù di questa sua passione cromatica che, nel 1972, Mario Luzi scriveva di lei "Per Adriana Pincherle il colore è un’elargizione forte e benefica della natura: grazia è trovarsi nello stato di percepirlo e di accoglierlo nella sua pienezza".
Anche nei decenni seguenti questa vigorosa componente coloristica costituì la caratteristica fondamentale della pittura della Pincherle che, agli assolo del rosa con accompagnamento del verde di
Campagna alle Corti (1978), farà seguire il verde di
Mare d’erba (1980) ed altri dipinti in cui il grande protagonista è solo e sempre il colore nelle sue variazioni.