27/11/2008 Nicolas Schöffer
Nato il 6 settembre 1912 in Kalocsa (Ungheria), ha vissuto a Parigi dal 1936, divenne francese nel 1948 e morì nel suo atelier di Montmartre, Villa des Arts,...»
19/04/2005 Zandomeneghi fa da tramite e presenta agli amici fiorentini Guglielmo Ciardi, il quale si reca a Firenze e dipinge insieme a Telemaco Signorini, partecipando alle discussioni che si svolgono al caffè Michelangelo tra...»
PROCESSIONE A SETTIGNANO, Telemaco Signorini 1880
Olio su tela
Signorini Telemaco
, PIAGENTINA, Telemaco Signorini Firenze, Galleria di Palazzo Pitti, 1863 ca., olio su tela, cm. 14 x 21.
Signorini Telemaco
ASINELLO POPPANTE Note critiche:
In questo ottimo dipinto l'artista riesce a ottenere un particolare calore d'atmosfera. Le due bestie, la ragazzina che le sorveglia, la casa nel fondo con il camino che fumiga non hanno nulla di episodico, ma diventano parte integrante di un tutto perfettamente amalgamato. Il controluce della nereggiante montagna di fondo ha le sue trasparenze, le sue vibrazioni; il corpetto rosso della bambina perde la sua vivacità per adagiarsi nell'aria come il grigionero dell'asina o il verde opaco del primo piano. L'effetto d'insieme è di velluto; ne esce il calore di una umanità dalla quale sembra escluso il male; una nuova arcadia dello spirito
Signorini Telemaco
VIA TRA GLI ULIVI
Signorini Telemaco
GIOVANI PESCATORI, 1860 circa, olio su tela, cm 28x42, Collezione priva
Signorini Telemaco
DINTORNI FIORENTINI
Signorini Telemaco
LA BOTTEGA DEL FORNAIO A SETTIGNANO
Capolavori dell’altro mondo
Il mercato dell’arte e delle aste in particolare, ha spesso a che fare con episodi singolari dove arte, storia e vicende personali si intrecciano. Ne è un esempio la vendita effettuata dalla nostra casa d’aste di due importanti dipinti macchiaioli: ‘Giovane donna che culla un bambino’ di Odoardo Borrani e ‘La Bottega del fornaio a Settignano’ di Telemaco Signorini,la cui storia vale la pena di essere raccontata.
Il lungo e avventuroso viaggio di queste due opere inizia nel 1940 durante le persecuzioni razziali. Un noto professore di Firenze, all’epoca presidente della Comunità Israelitica della città, raffinato collezionista di macchiaioli toscani, prima di fuggire per scampare alla deportazione, nasconde in uno stanzino murato in una sua casa di campagna a San Donato in Poggio in provincia di Firenze, tutte le cose preziose di casa, tra cui la collezione che contava ben trentadue dipinti di artisti macchiaioli: Lega, Signorini, Borrani, Fattori e altri.
Al suo rientro, nel 1946, deve purtroppo prendere atto che durante il periodo bellico, le opere della collezione erano state trafugate assieme a quant’altro contenuto nella stanza murata. Di tale trafugamento viene informato, nel giugno del 1946 l’Ufficio Recuperi Opere Artistiche di Palazzo Pitti. Di queste opere non si sa più nulla per oltre
cinquant’anni fin quando, nel 1997 gli eredi del professore vengono informati dalla
Guardia di Finanza dell’areoporto di Fiumicino che tra i dipinti di artisti macchiaioli provenienti dal Museo Dunedin della Nuova Zelanda erano state identificate alcune opere appartenute alla loro famiglia.
Per capire come questi dipinti siano giunti in Nuova Zelanda occorre fare un passo indietro. Nel 1943 il Maggiore Arthur Harris Fraser, neozelandese, volontario nelle truppe britanniche, giunge in Italia e qui, oltre a esercitare funzioni militari, acquista vari oggetti d’arte che ä solito inviare alla sua famiglia in Nuova Zelanda a mezzo posta, o che porta con sä durante le licenze. Tra i vari acquisti rientrano anche cinque dei dipinti trafugati alla famiglia del Professore fiorentino e tra questi ‘Giovane donna che culla il bambino’ di Odoardo Borrani e ‘La bottega del fornaio a Settignano’ di Telemaco Signorini. Nel febbraio del 1945 il Maggiore Fraser si imbarca per rientrare nella sua città, Dunedin, in Nuova Zelanda. Venti anni dopo la liberazione di Firenze, nel luglio 1964, il maggiore Fraser muore a Dunedin, senza essersi fatto una famiglia e senza mai più essere tornato in Italia. Eredita i suoi beni, quadri compresi, la sorella Dorothy Jane Fraser che mantiene la proprietà dei dipinti per ben trent’anni, ovvero sino al 1994, quando, quasi novantenne prende contatti con la Pinacoteca Pubblica di Dunedin perché proceda a una valutazione degli stessi al fine di una possibile vendita. Il museo si rivolge a colleghi australiani e a esperti americani per avere pareri critico-artistici sulle opere e una loro valutazione. Un parere viene chiesto anche al professor Dario Durbè,
curatore del ‘Nuovo Archivio dei Macchiaioli’. Nel settembre del 1994 la signora Dorothy Fraser, in ragione dell’età e della situazione familiare (era infatti nubile), cede, dietro pagamento di una cifra simbolica, i cinque dipinti al Museo Dunedin.
Nel 1997 viene organizzata dalla Galleria Pananti di Firenze la mostra ‘I Macchiaioli. Nuovi contributi’ curata da Dario Durbé e da Vittorio Quercioli. Essendo le opere inedite e di particolare bellezza vengono chieste in prestito per la mostra. Ed è così che giungono in Italia, per essere ‘ritrovate’.
Questa curiosa vicenda ha avuto risonanza internazionale e ha logicamente dato luogo a una accesa bagarre legale tra gli eredi del professore e il Museo Dunedin, messa definitivamente a tacere dal buonsenso delle parti che hanno trovato un accordo bonario.
Dopo questa epopea, durata quasi cinquant’anni, le opere sono state vendute, raddoppiando le stime, presso la nostra casa d’aste
Signorini Telemaco
PIAZZA ALL'ISOLA D'ELBA
Signorini Telemaco
IL MURO BIANCO
Signorini Telemaco
VEGETAZIONE A RIOMAGGIORE Vegetazione a Riomaggiore (1894)
olio su tela, cm 58x90
Firmato in basso a destra:T. Signorini
Nel corso degli anni Novanta l'artista sembra concentrarsi sulla questione della marina in termini sistematici, visto che nel 1895 decide addirittura di stendere un tracciato delle proprie esperienze artistiche lungo la costa ligure, come testimoniano Tetti a Riomaggiore (1892-1894) e Dal santuario di Riomaggiore (1892-1894). L'attrazione per la fisionomia pittoresca di tale costa si rinviene soprattutto nella ricerca di tagli prospettici sempre più audaci, che sollecitano Signorini ad una disposizione emotiva di sempre maggiore enfasi atmosferica. In tale marina si rileva la comparsa di un'audace consapevolezza luminosa, in quanto la ricerca di una definizione analitica del fogliame in primo piano si accompagna al tentativo di allontanamento prospettico dell'orizzonte, tramite la gradazione delle tonalità della vegetazione, schiarite progressivamente fino al confine con la superficie marina, la cui trasparenza atmosferica si raccorda in termini naturali con il cielo.
Signorini Telemaco
PASCOLI A CASTIGLIONCELLO Per questa sua opera (un olio su tela di cm 31x76, collezione privata) Telemaco Signorini può essere considerato l'antesignano della Scuola di Castiglioncello. Lui stesso ricorda nelle sue note autobiografiche di aver acconsentito ad accompagnare Diego in quella località appena questi ne era entrato in possesso alla morte del padre. Pascoli a Castiglioncello risulta dunque il primo in ordine di tempo dei lavori ispirati dalla tenuta di Martelli ai Macchiaioli suoi ospiti negli anni '60. Presentato all'Esposizione Nazionale di Firenze nel 1861, il dipinto fu accolto dal pubblico e dalla critica con diffidenza, tanto da essere definito, per la forza dei timbri cromatici che lo distinguono, «una frittata ripiena di vacche in gelatina».
Signorini Telemaco
LA TOILETTE DEL MATTINO La toilette del mattino è un olio su tela (120x176 cm, collezione privata) eseguito nel 1898; ambientato in una casa di tolleranza, raffigura un gruppo di ragazze con alcuni frequentatori del locale poco dopo il risveglio. Signorini non aveva mai dipinto una tela così grande; è significativo che l'abbia fatto per un soggetto decisamente 'innominabile' per quegli anni. L'artista, certo dello scandalo che avrebbe provocato, non osò mai inviare il quadro a un'esposizione e lo tenne nascosto nel suo studio. Eppure proprio questa divenne, poco dopo la sua morte, una delle sue opere più celebri, acquistata da Arturo Toscanini nel 1930 e fatta rivivere dal regista Luchino Visconti in una scena del film Senso (1954). Dei personaggi, che scandiscono in tre gruppi separati la griglia prospettica del pavimento, Signorini coglie il carattere, esaltandone la disinvoltura e la gestualità confidenziale con il fascino dei colori e gli effetti della luce mattutina.
Signorini Telemaco
PESCIVENDOLE A LERICI Pescivendole a Lerici, 1860, olio su tela, cm. 67x40, firmato in basso a sinistra: T. Signorini
Signorini Telemaco
IL NOVEMBRE Il novembre, 1870, olio su tela, cm 65x99, firmato e datato in basso a sinistra: Telemaco Signorini 1870.
Signorini Telemaco
L' ALZAIA L' alzaia, olio su tela, cm 58,4x173,2
Telemaco Signorini Firenze 1835-1901
Figlio di un modesto pittore del Granduca di Toscana, compì con lui i primi studi di pittura ma curò anche gli studi letterari.Solo nel 1852 come scrive lui stesso "mi dò definitivamente all'arte e lascio la letteratura agli Scolopi". Frequenta assiduamente la scuola del nudo dell'Accademia. Nel '55 entra nel gruppo del Caffè Michelangelo, nello stesso momento Saverio Altamura iniziava il movimento della macchia. In quel gruppo, Signorini, con il Fattori, prendeva spicco per una certa particolarità di atteggiamenti e di vestire. Adriano Cecioni ce lo descrive com'era in quell'epoca: « Signorini ha portato sempre gli occhiali e allora aveva la barba e i capelli interamente biondi; bocca larga e labbri pittosto grossi, collo forte ,aspetto da forestiero, cosa alla quale ha sempre mostrato di tenere moltissimo" Dal 1855 fino al 1862 ebbe lo studio in Via della Pergola, poi tornò in Via Salvestrina ove rimase fino al 1865, e in ultimo sulla Piazza Santa Croce, di dove non si è più mosso.Dal 1856 alla meta degli anni '60. E considerando il suo modo di fare, " la maniera compassata e sardonica con cui trattava chi non godeva la sua stima, era peggiore dell'ingiuria. L'entusiasmo, l'antipatia e il disprezzo soleva esprimerli con poche parole esclamative, che riuscivano efficaci più di qualunque discorso per il tono cavernoso della voce con cui le pronunciava e per certi movimenti della faccia... con cui li accompagnava ... e questo modo di sciupar la gente era efficacissimo ... L'ironia, una ironia feroce ed efficace è stata l'arma con la quale il Signorini ha reso il più grande servizio alla rivoluzione dell'arte. Con l'ironia demoliva una reputazione, con l'ironia faceva diventar ridicoli i più venerati lavori ". E lui stesso ci dice" Leggo Proudhon e divengo apostata delle idee mazziniane »: dipingere dal vero diventa dunque per lui anche un atto di coerenza con le vedute materialistiche del suo orientamento politico. Scrisse molto e molto dipinse, imponendosi più come una delle personalità italiane della seconda metà dell'Ottocento. Nel '56 studiò a Venezia con Vito D'Ancona, e al suo ritorno a Firenze fu la mente riconosciuta del gruppo dei macchiaioli, sebbene la sua passione di ricerca lo portasse a differenziarsi dagli altri per un interesse maggiore verso l'uniforme della natura, verso il paesaggio sentito come protagonista esclusivo della composizione pittorica: la sua arte si imponeva come il prototipo del ramo estremista dei macchiaioli , Signorini frequenta gli artisti del Caffé Michelangelo, viaggia con loro a Venezia e poi a La Spezia, dove sperimenta un nuovo linguaggio basato sulle accentuazioni chiaroscurali, dando vita a quel gruppo poi chiamato dei Macchiaioli, che costituiranno una fondamentale tappa dell'arte italiana dell'Ottocento. Fra le opere principali (II Ponte della Pazienza a Venezia , Il merciaio di La Spezia , L'inverno). Il suo spirito inquieto lo spinse a viaggiare in Italia e all'estero, ed anche la partecipazione alle campagne militari del 1859 fu occasione di viaggi e di nuove amicizie. Finita la guerra, dopo aver dipinto alcuni quadri di battaglie, si ribellò alla esaltazione ormai convenzionale del Risorgimento e, con Banti e Cabianca, si recò per un periodo a La Spezia, a dipingere dal vero, portando la macchia ad una violenza di chiaroscuro quasi esagerata. Frutto di questi studi fu " II ghetto di Firenze ", che il pittore stesso definì sovversivo e che suscitò aspre polemiche alla Esposizione di Torino del 1861. In risposta a queste polemiche, Signorini scrisse alcune tra le sue pagine migliori, esprimendo con chiarezza ed efficacia la volontà dei nuovi artisti" di mostrare se stessi più che il soggetto dei quadri », di esternare « il sentimento dato dalle emozioni provate dinanzi al motivo colto della realtà". Nello stesso anno si recò a Parigi ove si entusiasmò di Courbet e conobbe il Corot e il Troyon. Nel '62 iniziò col Lega la Scuola di Pergentina e cominciò a collaborare a "La Nuova Europa". Era ancora il capo riconosciuto del movimento macchiaiolo, ma in questo periodo andava elaborando una teoria secondo cui la macchia era stata un mezzo polemico e doveva essere attenuata e corretta in ogni espressione che rischiasse di diventare eccessiva. Somare scrive che « Signorini non poteva indugiare più che tanto nella ricerca della macchia », perché presto, non fu per lui questione di possedere una determinante tecnica, bensì di farsi una espressione organica, un linguaggio pittorico.
Mercato vecchio a Firenze
Con la sua pittura Signorini ci mostra lo spettacolo creativo di un'arte nuova che ha fatto le sue ossa a poco a poco. Dopo Le pazze (1865) e il Novembre (1870), ancora prodigioso per la resa tonale, Signorini abbandonerà gradualmente la sua grande macchia e modificherà anche i temi della sua pittura, orientandosi verso la protesta sociale. Nel '67 aveva fondato, con Diego Martelli, "II Gazzettino delle arti del disegno". E mentre Martelli scriveva la prima storia del movimento macchiaiolo egli muoveva la prima fondata critici al movimento stesso, critica che ne riconosce tutti i pregi e la validità, ma ne individua esattamente tutti i limiti.Sul "Gazzettino" signorini tracciava anche una prima storia del Caffè Michelangelo che si era appena chiuso; mentre nel '93 fisserà nel libretto Caricaturisti e caricaturati i ricordi sulle ore trascorse a discutere della macchia. Tra il '73 e il '77, in numerosi soggiorni parigini, conobbe gli impressionisti e mostrò subito di subirne l'influsso, come si rileva già in" Toilette del mattino". Ma solo dopo il 1880 sentì fortemente il Monet e "nella ricerca di maggiore aria e più luce divenne alcune volte più sfatto e sformato" De Grada. Signorini diede il meglio di sé come pittore, nella cosiddetta epoca di Settignano. L'artista sembra pervaso da un sentimento di gioia umana che gli permette di raggiungere anche il colore della serenità , in una gamma senza contrasti. Riomaggiore, Marina all'alba, Figura di marinaio, Bambini colti nel sonno, Mercato di pesci Lerici, II vecchio mercato a Lerici, Leith ,collocano il Signorini a livello della maggiore pittura del suo tempo. Nel 1878 tornò per la quarta volta a Firenze. Nel 1880 espose a Torino" Il Ponte Vecchio di Firenze. Nel 1881 è ancora a Parigi e poi a Londra ed in Scozia. Nel 1884 torna a Parigi dove espone con successo diverse marine di Riomaggiore.Una volta tornato in Toscana vaga tra Fiesole , Pietramola e Riomaggiore. Nel 1888 si reca all'Elba dove esegue alcuni studi per il " Bagno Penale".
pittore assai produttivo ( 2000 oli). nonostante ciò si sta facendo rara come firma: le opere di qualità nelle misure piccole raggiungono i 250 milioni ; le opere più importanti quelle con molte figure, toccano e varcano i 500 milioni fino a toccare il valore di un miliardo per i capolavori. ad esempio il quadro Il Ponte Vecchio ha fatto registrare la cifra di 874 milioni nell'1981.